Il mio voto per un posto di precario

Scena prima. “Le ‘casse’ dell’Amia sono vuote e i cassonetti sono pieni”, si leggeva stamattina su un giornale. Osservazione appropriata. I soldi per pagare la gran massa di precari ‘stabilizzati’ nelle ex ‘Municipalizzate’ di Palermo, trasformate in spa e ‘infarcite’ di personale, sono finiti. L’Amia è tra queste. Chi lavora in quest’azienda teme di perdere il posto di lavoro. E scende in strada a protestare. Da qui l’immondizia che è tornata ad accumularsi nelle strade di Palermo. Il caos.
Sarebbe interessante chiedere all’ex sindaco della città, Diego Cammarata, perché ha creato questo ambaradan che non sarà facile controllare. In ogni atto politico e amministrativo, di solito, c’è un spiegazione logica. In questo caso la spiegazione logica non c’è.
In tutti i Comuni della Sicilia e negli uffici della Regione, tra il 2002 e il 2010, abbiamo assistito al valzer delle ‘stabilizzazioni’. Migliaia di persone, il cui unico merito è quello di essere stato inserito dal politico di turno tra i precari, è stato poi assunto a tempo indeterminato. In barba alla Costituzione italiana che prevede il concorso per l’accesso negli uffici della pubblica amministrazione.
La Regione, oggi, trova con difficoltà i soldi per pagare tutti i pecari che ha stabilizzato. Idem i Comuni grandi, medi e piccoli chiamati ormai, a pagare i precari stabilizzati con proprie risorse finanziarie. A Palermo, però, hanno esagerato. Quello che è troppo è troppo.
Si sa che il Comune di Palermo ha circa 10 mila dipendenti. Mentre nessuno sa con precisione quanti precari sono stati stabilizzati tra gli uffici del Comune e le società che fanno capo alla stessa amministrazione comunale (non ci sono solo le ex Municipaizzate, ma – ad esempio – anche la Gesip con circa 2 mila dipendenti). Il dubbio – destinato a restare tale, perché i ‘numeri’ veri non si conoscono – è che il Comune di Palermo, tra dipendenti e ex precari stabilizzati, abbia più dipendenti della stessa Regione Siciliana (che, ricordiamolo, oggi non arriva a 18 mila).
La domanda è: l’ex sindaco Cammarata – che ha pensato bene di ‘fuggire’ dal Comune una volta finiti i soldi – e gli altri esponenti del centrodestra della città come pensavano di affrontare il problema che hanno creato?
Non c’è bisogno di conoscere a menadito il bilancio del Comune di Palermo per capire che non avrebbe mai potuto trovare i soldi per pagare questa gran massa di personale.
Il quadro è già chiaro nella primavera del 2008, quando l’amministrazione di centrodestra tirava un sospiro di sollievo: al governo di Roma era tornato Berlusconi. Si poteva continuare. A fare che? A ‘intruppare’ e stabilizzare precari.
Quello che lascia di stucco è l’assoluta mancanza di senso della misura: da parte degli amministratori comunali dell’epoca e da parte del governo Berlusconi. Che senso ha avuto continuare a ‘infilare’ personale nelle società comunali se i soldi per pagargli lo stipendio non c’erano?
Per chi non lo ricorda, erano gli anni in cui il ministro delle Regioni, Raffaele Fitto, si rifiutava di erogare i Fondi per le aree sottoutilizzate alle Regioni del Sud, perché, spiegava, le stesse Regioni del Sud avevano presentato progetti scadenti. In parte aveva ragione. Peccato, però, che Berlusconi e il ministro dell’Economia, contemporaneamente, cominciavano ad erogare al Comune di Palermo fondi che, sul piano della logica politica e,soprattutto, amministrativa, non avevano alcuna logica.
Quel governo Berlusconi che negava alle Regioni del Sud le risorse Fas per evitare che venissero sperperate erogava al Comune di Palermo ora 80 milioni di euro, ora 50, ora 40 milioni, ora di nuovo 50 milioni di euro. E da dove li prendevano i soldi Berlusconi a Tremonti? Dal Fas, ovviamente. Cioè dalle risorse finanziarie che non venivano erogate alle Regioni del Sud per evitare che venisssero sperperate.
Ora, se questi soldi erogati in continuazione, per circa due anni, fossero stati spesi bene, magari per investimenti, tutto buono e benedetto, avrebbe detto mia nonna. La cosa tragica, invece, è che questi soldi servivano per tamponare un problema che si ripresentava, tale e quale, ogni sei-sete mesi.
Sarebbe interessante convocare a Palermo, in una conferenza stampa, Berlusconi, Tremonti e Cammarata per chiedergli: scusate, ma voi tre pensate veramente che tutti i governi che sarebbero arrivati dopo il vostro avrebbero erogato al Comune di Palermo, ogni sei-sette mesi, 50-60 milioni di euro alla volta per consentire il pagamento degli stipendi ai 6 o 7 o 8 mila precari che la politica, sindaco Camarata in testa, ha stabilizzato?

Scena seconda. Leggo su un giornale che per fare fronte alle spese l’Amia contrarrà un mutuo. Un mutuo per pagare le spese correnti. In questo caso, lo stipendio degli ex precari ‘stabilizzati’. Non mi sembra una logica diversa da quella di Cammarata, Tremonti e Berlusconi.

Scena terza. Stamattina ho incontrato un mio amico. Un bravo professionista. Cattolico. E’ stato invitato a candidarsi al consiglio comunale. Il Natale scorso, quando mi ha comunicato la novità, non era molto convinto. Stamatttina l’ho trovato ancora più perplesso. Il perché me l’ha spiega lui stesso.

“Sono in campagna elettorale da una decina di giorni. Ieri sera ho incontrato sette famiglie. Sì e no, una quarantina di persone. Ogni capo famiglia mi ha chiesto la stessa cosa: un posto di lavoro per suo figlio o per sua figlia. Considerato che c’era chi aveva più di un figlio, ho fatto il conto: dovrei trovare dieci posti di lavoro. Tutto questo mi sembra una follia. Ho risposto che un consigliere comunale affronta questioni generali che interessano tutta la città. Mi hanno guardato male. Uno di loro, un padre d famiglia, mi ha detto: ‘Guardi che nel 2006 funzionava così: arrivava uno e mi diceva: ci sono due posti di precario. Io non ci ho creduto. E ho fatto male, perché poi i posti sono arrivati per davvero. Nelle Municipalizzate. E ora quelli sono tutti stabilizzati. Lei questo deve fare per noi: ci trovi dieci, magari otto posti di precari che poi il Comune o la Regione li stabilizza…”.

 

 

Giulio Ambrosetti

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