Oggi è l’ultimo giorno della stagione balneare in Sicilia, nonostante le temperature degli ultimi giorni inviterebbero a spostare più avanti il termine ufficiale. E il bilancio della salubrità delle acque del litorale ionico non è affatto positivo: da San Marco alla playa di Catania, sono state frequenti le segnalazioni dei bagnanti su sporcizia, acque torbide, vere e proprie strisce di fogna. E’ stato inscenato persino il funerale del costume da bagno. A cui si sono aggiunte le denunce di Legambiente a proposito dell’enorme problema rappresentato dalla mancanza o dalla non funzionalità dei depuratori siciliani. In alcuni casi, come ad Acitrezza, il sindaco è stato costretto e vietare la balneazione, per poi fare dietrofront dopo i risultati rassicuranti dell’Asp. Ma quando un sito è considerato balneabile? A chi spetta la responsabilità di monitorare le nostre acque e di far rispettare i divieti?
Nonostante la confusione che regna tra molti cittadini, la legge parla chiaro e distribuisce competenze precise. Chiunque può consultare alcuni strumenti per sapere in che condizione si trova il mare in cui va a fare il bagno. Solo che troppo spesso non si conoscono. La prima cosa da segnalare è che esiste un elenco di spiagge e tratti di mare non balneabili, una lista, provincia per provincia, che l’assessorato regionale alla Salute prepara ogni anno all’inizio della stagione balneare. E quella che si sta per concludere non ha fatto eccezione. Nel Catanese i siti dove, secondo la Regione, è vietato fare il bagno sono ben 27, distribuiti nei Comuni di Catania, Aci Castello, Acireale, Riposto, Mascali e Calatabiano. Nell’elenco ci sono naturalmente il porto di Catania e quello di Ognina, ma anche tutti i porticcioli più piccoli, compresi quelli di San Giovanni Li Cuti, Santa Maria La Scala e Torre Archirafi, luoghi solitamente molto frequentati dai bagnanti. Stesso discorso vale per l’immissione di Piazza Europa, dove c’è addirittura un solarium realizzato dal Comune, e per le foci di alcuni torrenti.
Il decreto regionale precisa che spetta ai sindaci dei Comuni «apporre i cartelli metallici di divieto della balneazione in numero adeguato e posizionati in aree facilmente visibili». Ma questo non sempre avviene. «Colpa delle amministrazioni comunali o a volte di qualche privato che magari deve affittare la casa a mare ed elimina i cartelli per non far diminuire il valore dell’immobile», spiegano dal Laboratorio di igiene e salute pubblica dell’Asp, l’ente designato dalla Regione ad effettuare le analisi delle acque. Che deve essere fatta una volta al mese durante la stagione balneare. E’ proprio in base ai risultati delle analisi dell’anno precedente che l’assessorato alla Salute stila, a ridosso della successiva stagione balneare, l’elenco di siti non balneabili.
Ma c’è un altro strumento, facilmente consultabile dagli utenti, che riporta, mese per mese, i risultati delle analisi effettuate dalle Asp in Sicilia, e dalle Arpa nel resto d’Italia. E’ il Portaleacque, del ministero della Salute, dove basta inserire il comune oggetto d’interesse per avere una mappa delle spiagge. In colore verde quelle balneabili, in rosso quelle vietate a causa dell’insufficiente salubrità, in giallo quelle non balneabili per altri motivi, ad esempio di sicurezza (in provincia di Catania, secondo la Regione, è il caso della zona di Santa Caterina ad Acireale). Cliccando sui punti di campionamento, un grafico mostra i risultati delle analisi e i livelli registrati di Enterococchi e Escherichia coli, cioè i batteri che segnalano la presenza di feci. In alcuni casi i siti indicati come non balneabili a marzo dal decreto regionale, sul portale acque risultano invece sotto le soglie massime consentite. «In questo caso – spiegano dal Laboratorio di igiene dell’Asp – vuol dire che i prelievi fatti in estate hanno avuto esiti migliori e su questi si baserà la Regione per stilare l’elenco per la stagione 2015».
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