«Lo spettacolo nasce dall’osservazione della realtà, dal fatto di ritrovare, soprattutto nella generazione di ultrasessantenni, una sorta di astio nei confronti della società». Lo spiega al termine della prova generale Nino Romeo, regista di Casa casa, una prova d’amore, che debutterà stasera alla Sala Chaplin di Catania giovedì 17 ottobre.
Si sviluppa da questa osservazione la tipizzazione della coppia di neo pensionati formata dagli attori Nicola Costa e Graziana Maniscalco, protagonisti della pièce teatrale prodotta da Cts e Gruppo Iarba – Gria Teatro. Una coppia – che ha scelto di fare della casa la propria volontaria prigione, spinta dalla paura instillata da una politica che semina odio e dalla progressiva perdita di umanità dovuta anche l’uso indiscriminato di web e televisione – in cui il pubblico di tutte le età si può rispecchiare. Perché il malo sentire portato in scena da Romeo è un sentimento che accomuna giovani e meno giovani.
«Sembra che ciascuno di noi provi ad occultare o riformare questo malo sentire, trasferendolo su altri versanti – spiega il regista e autore del testo – ma vedo che si è ormai diffuso. E il mio intervento registico su un mio stesso testo d’autore ha in qualche modo la funzione di non delegare a una sola coppia, quella in scena, l’astiosità diffusa, ma di far intendere alla gente che è un pericolo che interessa intimamente ciascuno di noi».
Esiste un modo per superarlo? «Spetta alle giovani generazioni cambiare disposizione verso il mondo. La soluzione può essere che i giovani diano alla vecchia generazione delle spinte, costringendola in qualche modo a ripensarsi». Per questo il regista ha bisogno, così come gli attori, dello spettatore, dell’individuo con cui potersi confrontare nella dimensione di comunicazione libera e immediata del teatro. «Ci si abitua sempre più alla comunicazione tramite un mezzo e sempre meno a quella diretta. E il teatro è l’occasione per cui una collettività provvisoria possa accettare la comunicazione di un regista, degli attori e di tutti i collaboratori che hanno realizzato lo spettacolo».
«La vicenda dei due protagonisti – aggiunge Nino Romeo – a me appare emblematica: non sono macchiette né caricature e il loro malo sentire lo ritroviamo non soltanto negli anziani, che sono comunque i più esposti a questo fenomeno, ma in tutte le fasce d’età. Sono tanti gli episodi di cronaca che ci dimostrano come, nonostante tentiamo di comprimerlo, questo malo sentire possa esplodere in maniera irrefrenabile e violenta».
Questi due anziani, addirittura, rifiutano i propri figli, verso i quali provano astio. Perché i due gemelli sono desiderosi di una conoscenza che loro non ammettono. «Sono ignoranti e sono orgogliosi della propria ignoranza. Credo che sia proprio l’ignoranza il punto, che come atteggiamento psicologico vuol dire ignorare gli altri, la loro storia e le loro esigenze, i loro racconti. Che siano messi su carta o su video, al cinema o a teatro. O che siano racconti del quotidiano. Siamo una generazione che si racconta poco o che non si racconta per nulla – conclude – preferendo vivere in una condizione di slogan e formulette piuttosto che nella complessità di un racconto. Raccontare di sé agli altri e accettare il racconto degli altri può essere forse la soluzione che si può intravedere».
L’elaborazione musicale e la composizione sonora dello spettacolo portano la firma di Giuseppe Romeo e le canzoni sono di Jacques Brel. La direzione tecnica è di Giuseppe Ghisoli e la realizzazione delle scene di Karromatto. Le parrucche sono di Alfredo Danese e il videopromo è firmato da Lorenzo Mannino.
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