È un intreccio di economia e politica Il lupo e l’agnello. Dal mantra del Sud assistito all’operazione verità, il libro scritto da Pietro Massimo Busetta, ordinario di Statistica economica all’Università di Palermo, messo al centro della discussione nell’incontro, con gli studenti, al dipartimento di Economia e Impresa dell’ateneo catanese. L’autore, davanti alla platea non risparmia nessun particolare di un’analisi che ha segnato il territorio siciliano, e in maniera ampia il Mezzogiorno, dall’Unità in poi. «Nel 1860 il numero di occupati nel manifatturiero in Sicilia – sottolinea il docente – era pari a quello della Lombardia e si lavorava molto con i porti». Quale sottosviluppo, dunque. Il freno è arrivato dopo, con una classe politica, imprenditoriale e sindacale concentrata sul Nord. «Le mie – continua – sono posizioni eretiche. Spesso la situazione è stata analizzata da storici e sociologi ma con poca attenzione sui dati».
Ed è così che Busetta ha iniziato a elencare e spiegare, passo dopo passo, incongruenze socio-economiche che hanno una spiegazione: le scelte della politica. Scelte che, sotto la pressione del tessuto imprenditoriale, hanno condizionato il Meridione. E in maniera trasversale. «I comunisti – prosegue – si sono concentrati sull’Emilia Romagna dove dimostravano l’efficienza nei servizi. Il Movimento 5 Stelle, seppur espressione di masanielliana volontà, ha reso palese l’impreparazione alla gestione della cosa pubblica. Gli accordi della Lega con le altre forze per rafforzare il Nord sono stati evidenti. Il Nord si è dimostrato bulimico». Non risparmia nemmeno l’attuale Governo regionale. Anzi tuona contro il presidente Nello Musumeci.
«Ma quale – ha detto – solo agricoltura e turismo per la Sicilia. Questa è una fesseria e lo abbiamo detto diverse volte. Servono le grandi imprese, capaci di smuovere l’economia e il tessuto sociale. Come avvenuto in un centro della Campania. Occorrono tante St microeletronics». Altro tassello dolente, ma collegato al mancato sviluppo della nostra regione e del Sud: l’emigrazione. «I giovani che vanno via – evidenzia – rientrano nel capitale sociale per il quale spendiamo dei soldi. Abbiamo 200mila euro di costo sociale per ogni studente fino alle scuole superiori. Ogni anno 25mila persone lasciano il territorio. Praticamente sosteniamo il corrispettivo del costo per il ponte sullo Stretto. Bisogna cambiare rotta, puntare alla mobilità cioè a quel fenomeno bidirezionale per cui la gente si sposta. Da noi non viene nessuno. Nemmeno gli immigrati restano».
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