Quando è atterrata nell’aeroporto Falcone Borsellino di Palermo con un volo proveniente da Tunisi, Camara Zeinabou, 31 anni, la mamma della piccola Oumoh, la bimba ivoriana arrivata sola a Lampedusa (Ag), non credeva che di lì a poco avrebbe riabbracciato la figlia che non vede da cinque mesi. Ha pianto e stretto in un lunghissimo abbraccio la bimba, gridando al «miracolo».
Ad accoglierla sottobordo anche l’ispettrice della Questura di Agrigento Maria Volpe, che si è occupata della bimba fin dal giorno del suo arrivo nell’isola della Pelagie e ha assistito la donna aiutandola ad ottenere il passaporto per l’Italia. Con lei anche i vertici della Gesap, la società che gestisce l’aeroporto, Fabio Giambrone e Giuseppe Mistretta. Zeinabou, rimasta bloccata in Tunisia per ragioni burocratiche, ai cronisti ha raccontato la sua odissea, cominciata nella sua terra, la Costa d’Avorio, da dove la donna e un’amica erano fuggite insieme alla piccola per sottrarre la bimba alla pratica dell’infibulazione, fino al loro arrivo a Tunisi.
«Dopo esser arrivate in Tunisia ho lasciato la bambina alla mia amica e fatto ritorno in Costa D’Avorio – ha raccontato la donna – per prendere alcune cose. Ma quando sono ritornata in Tunisia entrambe non c’erano più. Ho saputo che erano partire con un barcone dirette in Italia. Allora mi sono rivolta alle Ong tunisine fino ad arrivare alla Caritas di Tunisi e tramite loro ho appreso che erano arrivate a Lampedusa». In aeroporto ad accoglierla anche gli assistenti sociali e una psicologa della comunità di Palermo, alla quale la piccola Oumoh è stata affidata e che in questi mesi si sono occupati di lei. Zeinabou è riuscita ad arrivare in Italia anche grazie alla tenacia dell’ispettrice Volpe, che lo scorso nove marzo si è recata nell’ambasciata ivoriana a Roma per sollecitare il rilascio alla donna dei documenti per l’ingresso in Italia, aiutandola così a ritrovare la figlia.
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