Il giornalismo siciliano perde Giovanni Rizzuto

Anche se in ritardo, alla fine di una giornata convulsa, è con grande tristezza che ricordo Giovanni Rizzuto, un amico prima che un collega che oggi ci ha lasciato. Non ricordo quando ho conosciuto Giovanni, perché forse ci conoscevamo da sempre. In comune ci sono le radici: le sue di Cattolica Eraclea, le mie di Sciacca.

La prima volta che abbiamo parlato – e di anni, da allora, ne sono passati tanti – non abbiamo parlato di giornalismo. Forse era il 1980, forse il 1981. Ma ricordo – questo almeno lo ricordo – che parlammo di agricoltura. Mi colpì, di Giovanni, la sua competenza in un settore economico non facile. Parlammo di seminativi, di ‘rotazioni, del maggese ‘nudo’ e del maggese ‘vestito’. E delle arance di Ribera che, allora, erano in auge.

Non ho mai capito perché, ma un sacco di persone importanti della provincia di Agrigento – è una cosa, questa, che ho cominciato a notare sin da ragazzo – sono nati a Cattolica Eraclea. Il paese, girando un po’ per le vie, non dice molto. Ma la sua storia – e la storia di tanti personaggi nati lì – dice tantissimo. Giovanni era originario di Eraclea: e per me questo già era importante.

Quella volta non parlammo solo di agricoltura. C’era la spiaggia di Eraclea Minoa e altri luoghi di mare di quelle zone che, allora, erano praticamente sconosciuti a più: Bova marina, Torre Salsa (che oggi è una bellissima Riserva naturale), la Scala dei Turchi e, più avanti, oltre San Leone, Punta Bianca. E, ancora più avanti, lo scoglio della Patella.

Nè quella volta, né le volte successive, quando ci incontravamo, parlavamo di giornali. Qualche anno dopo lavoravo già al giornale L’Ora di Palermo. Ci incontrammo una sera in una pizzeria. Non ci vedevamo da un bel po’ di tempo. E fu in quell’occasione che Giovanni – che già lavorava da anni al Giornale di Sicilia – mi disse che anche lui veniva dal giornale L’Ora. Feci finta di essere piacevolmente sorpreso. In realtà, lo sapevo già. Me l’aveva detto uno dei tipografi del giornale dove lavoravo.

Nel corso degli anni ci siamo incontrati spesso. E ci siamo sempre salutati con affetto. C’erano di mezzo i luoghi importanti della nostra vita: quei luoghi che avevamo in comune dalle parti di Eraclea Minoa.

Di Giovanni ricordo la sua schiettezza che solo le anime disattente avrebbero potuto scambiare per cinismo. La verità è che, come tutti i grandi giornalisti, Giovanni le cose le capiva prima degli altri.

Tutte le volte che gli ho chiesto una cortesia – e mi è capitato più volte, quando mi sono occupato di uffici stampa – è sempre stato disponibile e corretto. Oggi lo ricordo con affetto. Ho letto quello che ha scritto I love Sicilia. Leggendo quelle righe ho riconosciuto Giovanni. Era lui, senza dubbio. E adesso scusatemi se ritorno alla mia malinconia.

Alla famiglia di Giovanni va il cordoglio di tutta la redazione di LinkSicilia


Giulio Ambrosetti

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