Il giallo di un testo: ‘Peregrinatio Egeriae’

Si è tenuta ieri nell’aula 28 del nostro monastero, una relazione sul manoscritto anonimo: “Peregrinatio Egeriae”, ritrovato casualmente alla fine dell’800, e le sue chiavi di lettura: Il Tempo e Lo Spazio.

Il preside della facoltà Nunzio Famoso presenta l’ospite dell’incontro, Elena Giannarelli, docente di Letteratura cristiana antica all’Università degli studi di Firenze; sottolineando il suo forte interesse per l’argomento in questione, intrattiene un breve dialogo con la relatrice sui loro interessi in comune: i viaggiatori in particolare, tema principale della conferenza. Poi cede la parola alla professoressa Vincenza Milazzo e si congeda repentino a causa di altri impegni.

La docente di Letteratura cristiana antica e Lingua latina della nostra Facoltà introduce brevemente il tema scelto, “Il tempo e Lo spazio”, e accenna alla condizione femminile nel cristianesimo. Egeria, presunta autrice del manoscritto è infatti una donna.

La professoressa Giannarelli comincia a spiegarci il testo in tutte le sue sfaccettature, con un discorso, a mio avviso, talmente pulito e lineare da risultare davvero interessante e disteso, soprattutto per chi, come me, il latino ed il cristianesimo li ha ormai lasciati lontani.

La “Peregrinatio Egeriae” è un testo, ancora oggi, molto citato ovunque si affronti il tema della donna nel Cristianesimo. Non è facile, infatti, trovare testi scritti da donne nell’antichità. Questo deriva dal fatto che delle donne antiche non è stato tramandato molto.

Il manoscritto fu ritrovato da Gianfrancesco Tamburini nella biblioteca di Arezzo, anonimo, privo dell’inizio e della fine; richiese molti studi e discussioni per risalire alla data di stesura e individuare il profilo dell’autrice. Infatti si creò un vero e proprio ‘giallo’ intorno al testo: non si sapeva chi fosse questa donna, da dove venisse, quanti anni avesse; solo il fatto che si trattasse di una donna era chiaro.

Dopo numerose versioni, quella più corretta sul nome da attribuire all’autrice fu: Egeria. Si pensa che Egeria fosse di origine spagnola, probabilmente galiziana, vissuta nella seconda metà del IV sec, forse monaca o vedova. Erano queste due condizioni della donna che avevano un loro spazio all’interno del Cristianesimo. Il diario di Egeria narra di un pellegrinaggio in Terra Santa, durato ben tre anni e collocabile tra il 363 e il 384.

Oggi non ci meraviglia più trovarci di fronte ad un’autrice, mentre a quei tempi una voce femminile era inusuale, tanto più che anche il pubblico a cui si rivolgeva era femminile (“Le signore sorelle”) probabilmente monache o compagne di fede.

Il viaggio (itinerarium) si svolge in nave fino a Costantinopoli e poi a piedi o su battelli, attraversa la Palestina, l’Egitto, la Fenicia, la Mesopotamia e l’Arabia. Da sola o con l’aiuto di qualche guida, l’autrice intende visitare tutti i luoghi di cui parlano le Sacre Scritture; prende appunti fra una tappa e l’altra, poi li trasferisce sulla pagina, con immediatezza, suggestione visiva e semplicità, quasi a voler far trasparire la pura curiosità di donna e la voglia di far rivivere a tutti Il suo viaggio.

Il diario dell’avventuriera si divide in due parti: nella prima descrive i paesaggi e le tappe via via seguite, dilatando lo spazio come fosse ad un livello spirituale; nella seconda parte fa rivivere, grazie al tempo assiduamente scandito, tutti i momenti di un intero anno liturgico come se vissuti in tempo reale. Elementi quindi, Lo Spazio e Il Tempo, forti e presenti in tutto il testo, nonché chiavi fondamentali di lettura. In particolare visti qui come in rapporto simbolico tra loro, e con la fede.

Il punto importante che penso racchiudesse il senso di questo incontro o lezione, come meglio si voglia descriverla, è il coraggio e la forza di una donna colta (l’ambiente monastico fu quello che permise alla donna di raggiungere il grado più alto di istruzione ), che ha voluto rendere tutti, in qualche modo, partecipi di ciò che aveva visto ma prima di tutto studiato; che, sebbene nel contesto in cui viveva non ci fosse spazio per una donna colta, non si vergonava della sua istruzione né tanto meno della sua voglia di vedere. Così ha lasciato alla modernità un pezzo di antica e umana scrittura.

Luisa Salici

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