Da Michelangelo Ingrassia, docente di Storia Contemporanea dellUniversità di Palermo, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Sulla rivista Micromega on line di qualche giorno fa Angelo DOrsi ha raccontato linquietante vicenda di una candidata leghista, il cui nome non merita di essere menzionato, che si appella alla potenza dellEtna e del Vesuvio per distruggere il meridione dItalia; sembra che la tizia non sia nuova a trovate del genere e del resto il linguaggio e latteggiamento politico leghista sono da sempre caratterizzati da venature razziste. Tali comportamenti sono stati fino a ieri archiviati come provocazioni, banalità, slogan tribali, bagatelle. In verità abbiamo pazientato e sopportato abbastanza. E tempo di reagire. Il razzismo di un certo nord geografico e classista non è uninvenzione sub-culturale ma uninfezione culturale che occorre fermare. Il razzismo nord-italiano è un affluente del razzismo nord-europeo e circola nei bassifondi della storia italiana ed europea pronto a riemergere.
Sul finire dellOttocento, mentre nellEuropa settentrionale si sviluppava lideologia del razzismo con De Gobineau, Chamberlain e Ranke, nellItalia settentrionale Cesare Lombroso (noto per avere studiato e collezionato, etichettandoli come criminali, i teschi dei meridionali oggi esposti in un vergognoso museo di Torino a lui dedicato) e Giuseppe Sergi teorizzavano una classificazione delle razze umane fondata non sul colore della pelle o sulla purezza del sangue ma sulla forma del cranio; sulla base di questa diversa classificazione essi diffondevano la tesi dellinferiorità razziale dei meridionali. In un libro del 1898 significativamente intitolato LItalia barbara contemporanea Alfredo Niceforo, seguace del Sergi, affermava che la composizione etnica della popolazione dItalia è formata di due grandi elementi: arii al nord, mediterranei al sud; elementi che variano grandemente tra loro tanto per opposti e veramente antitetici caratteri fisici quanto per dissimili caratteri psicologici.
Niceforo continuava scrivendo che un siciliano è più vicino al greco che al piemontese mentre il piemontese è per razza più fratello di uno slavo o di un tedesco di quel che non sia un siciliano. La conseguenza di questa differente fratellanza razziale era che gli italiani del nord, ariani, possedevano, a differenza degli italiani del sud, mediterranei, il senso individualistico dellorganizzazione. La conclusione cui giungeva Niceforo era la seguente: Occorrono, quindi, due governi diversi per le due Italie: da una parte al sud il regime governativo deve tendere a civilizzare e a togliere dalle mani di autonomie locali inadatte le redini di amministrazioni libere alle quali non sono mature; dallaltra al nord concedere ampie libertà di evoluzione e di azione autonoma. Furono questi concetti terribilmente semplici e banali a scatenare il razzismo del nord contro i terroni del sud. Come avrebbe poi fatto notare il sardo Antonio Gramsci, le idee di Lombroso, Sergi e Niceforo contribuirono in maniera determinante alla diffusione tra gli strati popolari del nord della tesi dellinferiorità razziale dei meridionali.
Questa cultura razzista ha giustificato la discriminazione politica e lo sfruttamento economico perpetrati dal nord contro il sud: intere generazioni di siciliani e di meridionali furono costrette a emigrare nellopulento nord come forza-lavoro a basso costo mentre le grandi imprese nordiste impiantavano i loro stabilimenti al sud per produrre a basso costo e a nostre spese. La vocazione agroalimentare e turistica della nostra terra fu violentata e sacrificata, le potenzialità di sviluppo represse, mentre ancora oggi non è possibile conoscere lentità dei trasferimenti pubblici che i governi da quello di Cavour in poi hanno dirottato verso le grandi imprese private del nord annientando limprenditoria del sud a cominciare da quella dei Florio. In linea con quellideologia razzistica italiana affermatasi allombra della piemontesizzazione e con la scusa della civilizzazione, il nord ci ha derubato del nostro futuro e delle nostre risorse.
La studiosa Claudia Petraccone ha classificato le singolari teorie razziali e politiche del Niceforo, del Sergi e del Lombroso sotto la voce del federalismo razziale. Precisamente questo è il tipo di federalismo che anima la Lega di Bossi e Maroni per i quali lautonomia siciliana e lamministrazione diretta delle regioni meridionali sono inadatte. Complici di questo federalismo razziale nordista sono state le classi dirigenti meridionali eredi del vecchio baronaggio latifondista che, pur di sopravvivere in posizione dominante, rinunciarono alla politica dellautosufficienza economica del sud e coltivarono invece la politica dellassistenzialismo funzionale agli interessi colonialistici del nord, applicando la regola che lo scrittore siciliano De Roberto fa pronunciare al duca dOragua nel famoso romanzo I Viceré: Ora che lItalia è fatta, facciamo gli affari nostri, ovvero dellaristocrazia e della borghesia meridionali.
Del resto Alfredo Niceforo era siciliano, siciliano come Gianfranco Miccichè, Raffaele Lombardo, Ignazio La Russa e tutti gli ascari che hanno fatto e fanno affari politici con i leghisti. E alla luce di tutto questo che dobbiamo ricominciare a scrivere la storia della Sicilia e del meridione, la storia dItalia e dei popoli italiani. E tutto questo dobbiamo ricordare oggi, in un momento politico decisivo per il nostro destino, di fronte ad una crisi che contrappone lEuropa Atlantica allEuropa Mediterranea.
In fondo Niceforo aveva ragione: noi siciliani, noi gente del sud, ci sentiamo più vicini ai popoli del Mediterraneo, siamo i figli della cultura solidarista germogliata nel sud e alternativa alla cultura utilitarista nata nel nord. E vogliamo lottare perché il modello di vita caldo e comunitario tipico della storia dei popoli mediterranei soppianti definitivamente il modello di vita freddo e individualistico generato dai popoli dellAtlantico.
Cè al sud una solidarietà geografica, storica, culturale, politica, testimoniata dallantica grandezza del Mediterraneo. Una solidarietà di classe: quella dei nuovi poveri del sud contrapposti ai nuovi ricchi del nord. E tempo di riprendere leterna lotta del povero contro il ricco per uscire dalla crisi e riconquistare la nostra libertà, contro tutti i razzismi e per il ritorno del bene comune.
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