«Carne a un euro al chilo». Non si tratta di un’offerta imperdibile ma della tassa imposta dalla mafia a chi il prodotto lo smercia alle macellerie. Succede ad Adrano, fascia pedemontana dell’Etna. Terra soffocata dalla presenza dei clan Scalisi e Santangelo. Un tempo rivali oggi uniti da una pax mafiosa che in città significa affari. Nelle carte dell’ordinanza dell’inchiesta Adranos non c’è solo il controllo del mercato ortofrutticolo, con i posteggianti obbligati a pagare una sorta di obolo a ogni ingresso, ma anche quello nel settore della carne.
Oggi tu non scarichi. Chiami al tuo principale e scarica lui
Il territorio si sorveglia in modo capillare e tra i compiti che vengono assegnati c’è quello di ispezionare tutti gli autocarri muniti di cella frigorifera che entrano ad Adrano. I contorni di questa vicenda vengono descritti dai pentiti e dalla intercettazioni ambientali. Il collaboratore di giustizia Gaetano Di Marco spiega ai magistrati, senza giri di parole, chi sarebbe stato presente ai faccia a faccia quando si parlava di estorsioni: «Un tale Giannetto (Santangelo, ndr) di cui non ricordo il cognome […], era quasi sempre presente quando si discuteva delle estorsioni, come ad esempio quelle della carne, delle cave ed altro». Lo stesso Di Marco ricorda un episodio in cui proprio Giannetto avrebbe fermato un camion della carne che doveva essere consegnata ad un macellaio di Adrano. L’uomo avrebbe impedito all’autista del mezzo di «scaricare la carne dicendo che doveva fare venire ad Adrano il titolare che mandava la carne, perché doveva pagare il pizzo di un euro al chilo per conto del clan Santangelo. Questa estorsione poi doveva essere divisa a metà tra il clan Santangelo ed il clan Scalisi».
Un’azione che dimostra come la mafia doveva avere il controllo su tutto. Le indagini, condotte dalla polizia del commissariato locale con il supporto della Squadra mobile di Catania, hanno permesso di individuare le ditte che si occupano del trasporto delle carni destinate alla vendita: società di Bronte, Catania, ma anche Favara in provincia di Agrigento, il cui trasporto è curato da una ditta con sede a Belpasso, e ancora aziende di Enna e Paternò. Nessuno però avrebbe denunciato.
Gli appetiti del clan in questa fetta di mercato sarebbero confermate anche dalle intercettazioni ambientali tra Rosario Galati Massaro e Vincenzo Bulla. Sorpresi mentre impongono l’alt a un autocarro che trasporta carne. «Oggi lei non scarica, chiami al tuo principale. Viene lui e scarica». Proprio mentre avviene questo scambio di battute sopraggiunge una macchina della polizia. Bulla e Galati Massaro si allontanano e gli agenti interloquiscono con l’autista che ha appena ricevuto lo stop dai presunti affiliati al clan. Poco dopo l’uomo torna a parlare con la coppia spiegando l’oggetto del dialogo con gli agenti: «Mi hanno spiegato la strada. Che minchia gli dovevo dire?». Qualche volta però può capitare anche di sbagliare i mezzi. «Vedi che ha la cella frigorifera», dice Bulla dopo avere lasciato andare via l’autista di un mezzo. Il suo interlocutore replica: «Porta anche le cose… i Kinder Pinguì e le Fette a latte»
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