Giovedì Paolo Gentiloni a Catania, oggi Maria Elena Boschi a Palermo. Stesse parole d’ordine per i due big del centrosinistra che in Sicilia corrono da capilista in diversi collegi plurinominali per le elezioni politiche del 4 marzo: «Il Partito democratico è un partito aperto». «Alle idee e agli uomini nuovi», dice la sottosegretaria dal palco del teatro Santa Cecilia. «Alle proposte migliori per il Paese – ribadisce il sindaco Leoluca Orlando, che le è a fianco – per questo il Pd è come l’arca di Noè». La coalizione che sostiene Matteo Renzi prova a serrare le fila, a nascondere una spaccatura profonda nata dopo la composizione delle liste che ha premiato gli ultimi arrivati in casa dem. Le voci critiche si alzano anche oggi: «Capisco l’invito all’unità da parte della Boschi – afferma Antonio Rubino, del gruppo dissidente Partigiani del Pd – che ci ricorda che i nostri avversari sono fuori dal partito. Sarebbe utile, però, che sapesse che in Sicilia le cose stanno in maniera diversa e cioè che Davide Faraone la destra la sta portando dentro il Partito Democratico».
Stamattina la sottosegretaria aveva preso ad esempio proprio il modello creato da Orlando a Palermo, e poi fallito per le Regionali, per delineare la sua idea di governo del Paese. La sfida è rivolta a tutte le forze del centrosinistra chiamate a battersi contro quelle che il sottosegretario definisce le «due destre»: quella di Salvini e Berlusconi e quella del Movimento cinque stelle. «La vera alternativa siamo noi», dice assicurando che il Pd in questa campagna elettorale «non intende fare promesse e proposte sconvolgenti». Ma vuole dare spazio ai risultati raggiunti negli ultimi cinque anni: «Risanamento dei conti, crescita del Pil, interventi per allargare l’area dell’occupazione e del lavoro per i giovani, politiche a sostegno del Mezzogiorno. Abbiamo bisogno – aggiunge Boschi – di capitale umano da fare crescere con investimenti sulla formazione e l’istruzione. E da lì ripartire per unire mondo della scuola e mondo del lavoro». Critica le soluzioni «populiste» del Movimento 5 stelle e quelle del «modello Berlusconi», in cui si cerca di «fare pagare le tasse allo stesso modo ai ricchi e alle classi medie». Quindi l’ottimistica previsione: «Ci sono le condizioni perché il Pd possa essere il primo partito». A dispetto di tutti sondaggi che danno i dem ampiamente dietro il Movimento cinque stelle.
L’assist del governo largo viene prontamente colto da Orlando che smentisce eventuali accordi per ricoprire in futuro incarichi diversi rispetto a quelli attuali: «Sono stato eletto nel 2017 e resterò sindaco fino al 2022». Quindi rilancia il concetto già espresso da Boschi: «II Pd è l’unica forza – ripete più volte a una platea molto gremita – portatrice di un progetto nel quale mi riconosco e che proprio qui, a Palermo, ho già sperimentato al governo della città. Contro i populismi, i razzismi e il nuovo fascismo. I populismi – sostiene – non hanno memoria del passato e neppure speranza del futuro».
Tra gli intervenuti anche Fabrizio Cicchitto, ex braccio destro di Silvio Berlusconi, poi a fianco di Angelino Alfano e quindi attuale alleato del Pd con la lista Civica e popolare della ministra Beatrice Lorenzin. Il parlamentare uscente fissa i paletti dell’azione di un governo di centrosinistra: «Vanno mantenute ferme realizzazioni come il jobs Act, la Fornero e la collocazione in Europa per poi andare più avanti sul terreno degli investimenti della produttività e anche degli aumenti salariali. La garanzia perché ciò avvenga – aggiunge – è che rimanga fermo il quadro politico costituito da ciò che ha fatto il governo Gentiloni».
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