Non è semplice definire cosa sia il centro culturale Zō. È sostanzialmente un paradosso. Sulla cresta dell’onda da più di 15 anni, è diventato un punto di riferimento della movida catanese. Ma il suo fondatore e direttore artistico Sergio Zinna odia la parola «movida». È un luogo di ritrovo ormai consolidato, con un pubblico assiduo e variegato. Ma Sergio Zinna non si sazia facilmente: la sua missione, sostiene, è «sprovincializzare Catania». Come dimostra la sua appartenenza al circuito Trans Europe halls, Zō è ormai un’istituzione nel circuito non istituzionale degli spazi di cultura e aggregazione sociale.
Il modello di Zō è quello della factory multidisciplinare: Sergio Zinna lo ha importato da Bologna, una volta terminati gli studi al Dams. «Erano gli anni Novanta, e le condizioni economiche erano particolarmente favorevoli. Era la cosiddetta Primavera catanese», ricorda Zinna. «Oggi la situazione è completamente diversa. C’è poca curiosità per l’ignoto, e più tendenza ad andare sul sicuro. C’è una chiusura nel privato che, paradossalmente, i social inaspriscono, dando la percezione falsata di trovarsi ovunque e sempre interconnessi. E le istituzioni non aiutano, non forniscono alcun supporto dal punto di vista delle comunicazioni…».
Eppure, per quanto Zō sia nato come alternativa alle istituzioni tradizionali, proprio con quelle istituzioni tenta oggi un dialogo, soprattutto con il mondo dell’università. «A Bologna la mia formazione è avvenuta solo per metà nelle aule universitarie», afferma. «L’altra metà la devo a spazi alternativi. Ed è per questo che invito gli studenti alla partecipazione, anzi all’invasione delle strutture culturali della città». Sono dunque i giovani l’ingrediente che ancora manca alla ricetta promiscua di Zinna, al sempre giovane centro Zō, dopodiché il pasto sarà completo.
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