Il Catania non vinceva da otto turni e non segnava da tre. Le parole di Dario Marcolin, che contro l’Avellino rischiava di dovere rimettere il mandato da allenatore in caso di risultato negativo, qualche minuto prima dell’inizio della partita inquadravano il momento «I tre punti contano più della prestazione». Delle tante indicazioni impartite da Marcolin, nel corso della settimana e della partita, questa è quella che la squadra dimostra di avere meglio recepito e tra le poche che è riuscita a riportare sul campo. Il Catania non brilla anzi soffre l’avversario, tantissimo, però vince e alla fine prende gli applausi della propria gente. Tanti i tifosi rossazzurri che, sospinti anche dall’appello «tutti al Massimino» lanciato da alcuni gruppi della curva nord, hanno sospinto la squadra fino al quinto minuto di recupero concesso da Baracani.
A decidere la sfida, come all’andata ma allora a favore dell’Avellino, è una rete su rigore. Baracani, dopo avere negato un tiro dagli undici metri all’Avellino, lo concede per atterramento di Calaiò. Dal dischetto il bomber del Catania non sbaglia. A pochi minuti dall’intervallo, sebbene fosse stato l’Avellino a rendersi più pericoloso nella prima frazione di gioco, il Catania è in vantaggio. Il secondo tempo s’apre con gli ospiti, affiancati da circa 400 sostenitori entrati allo stadio con 30’ di ritardo, via via sempre più aggressivi. Il Catania stringe i denti non riuscendo, mantenuti tre soli uomini a centrocampo, ad arginare la migliore freschezza atletica e preparazione tattica centrocampisti biancoverdi. La difesa etnea brilla più nei singoli che non nel collettivo. Se l’organizzazione lascia a desiderare, Terracciano, Capuano, Del Prete, salvano più d’una rete che gli attaccanti dell’Avellino festeggiavano come già fatta.
Con gli avversari sbilanciati alla ricerca del pareggio, parso alla portata, il Catania è stretto nella propria metà campo ma ha l’opportunità di colpire in contropiede. Tre volte Rosina spreca l’occasione per chiudere i conti. Da mettere in elenco pure un palo, colto da Castro. Ammonito per simulazione, Rosina salterà per squalifica l’impegno di giovedì in casa del Varese. Marcolin dovrà verificare anche le condizioni di Odjer e Sauro, usciti per infortunio. L’Avellino chiude la gara in avanti ma con poca lucidità, le forze vengono meno e quando Baracani fischia tre volte il Catania e Catania tornano a gioire. A fine gara, la squadra saluta il pubblico. Dagli spalti della curva nord non piove alcun complimento ma un incitamento: «Noi vogliamo gente che lotta». Duramente contestato dal pubblico il presidente Antonino Pulvirenti. In classifica il Catania non guadagna posizioni, resta terzultimo, ma accorcia sulla zona salvezza distante adesso due punti.
Avellino in silenzio stampa. Dario Marcolin, conclusa la gara, dichiara ai giornalisti «Era una gara determinante. Contro la quinta in classifica sapevamo non sarebbe stato facile. Siamo stati bravi a crearci la fortuna. Abbiamo mostrato un grande spirito e il non ritiro ha aiutato in questo. Nel secondo tempo abbiamo pensato a coprire meglio gli spazi. C’è mancata un po’ di serenità nel chiudere la partita, però è comprensibile vista l’apprensione dei giocatori dovuta al momento delicato. Pulvirenti mi ha regalato la sciarpa rossazzurra che fu di Mihajlovic, ha portato bene. Non la toglierò più. A Varese c’attende una gara difficile. Se arriva un risultato positivo sarebbe una spinta pazzesca ma meglio tacere e lavorare in silenzio. Voglio arrivare a Pasqua con una classifica migliore per sfruttare poi i rientri degli infortunati. Giocheremo con la difesa a quattro».
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