Il ‘caso’ Palermo e il cinismo del Pd

Quella di oggi, per il centrosinistra di Palermo, avrebbe dovuto essere la giornata della festa. Ci si aspettavano sorrisi, abbracci e calore umano e politico attorno al candidato uscito vittorioso dalle urne delle primarie chiamato a sfidare e – possibilmente – a vincere la ‘ corsa’ a sindaco della città contro il candidato di centrodestra. Invece, quella odierna, è stata una giornata in grigio stanco. Che è successo?
Di tutto, si potrebbe rispondere. Intanto una stranezza. Tutti si attendevano un testa a testa tra Rita Borsellino e Fabrizio Ferrandelli. Ci sta anche – al limite – la risicata vittoria del secondo sulla prima per una manciata di voti, appena 67. Non ci sta proprio, invece, tutto quello che è stato fatto ‘girare’ attorno a questa campagna elettorale. E non ci sta proprio il modo con il quale è stato utilizzato il nome di Rita Borsellino.
Il primo dato che salta agli occhi è il cinismo del Pd. I vertici di questo partito – a Roma come a Palermo – non si sono resi conto che una persona come Rita Borsellino – per la sua storia personale e per quello che rappresenta per tutti i siciliani – non poteva e non doveva essere trattata così. Detto in termini crudi: se il segretario regionale del partito, Giuseppe Lupo, e Sergio D’Antoni – per citare solo due dirigenti del Pd siciliano – volevano far saltare l’accordo tra il loro partito e il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, potevano scegliere un altro modo e altri personaggi. Non Rita Borsellino. Ed è stupefacente come un uomo politico avveduto come Pierluigi Bersani non si sia accorto di tutto questo, avallando una candidatura senza prima cercare il consenso nel suo partito a Palermo. E, poi, tollerando il dissenso sulla pelle della stessa Rita Borsellino. Pessimo. Anzi, pessimi: a Roma e a Palermo.
Detto questo, nemmeno Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia, in questa storia, fanno una bella figura. Tutt’altro. Di fatto, per difendere l’accordo di potere che hanno stipulato con un presidente della Regione inquisito per mafia non hanno esitato a giocarsi Rita Borsellino. Nel 2006, è stato il sistema di potere di Totò Cuffaro a impedire a Rita Borsellino di diventare presidente della Regione siciliana. E in quel sistema di potere di Cuffaro c’era – in prima fila – Raffale Lombardo. Oggi è lo stesso Raffaele Lombardo – in tandem con Cracolici e Lumia e, in generale, con una parte del Pd siciliano – ad avere impedito a Rita Borsellino di diventare sindaco di Palermo.
Non sappiamo come la mafia ‘leggerà’ quello che è successo. Ma sappiamo che i mafiosi – e soprattutto gli esponenti della borghesia mafiosa di Palermo – ‘leggeranno’ a modo loro quello che sta avvenendo. Per loro sarà di certo una ‘lettura’ interessante. E positiva. Per i mafiosi, infatti, non avere come sindaco Rita Borsellino è una vittoria. Su questo, crediamo, dovrebbero concordare tutti. O no?

 

Giulio Ambrosetti

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