Il ‘caso Falcone’ tra polemiche (oggi inutili) e ombre (ancora da diradare)

Nel giorno in cui ricordiamo Giovanni Falcone non potevano mancare le solite considerazioni fuori tempo massimo. Come l’invito, rivolto a Leoluca Orlando, che da ieri sera torna a fare il sindaco di Palermo, a chiedere “scusa” per le polemiche sollevate tra la fine degli anni 80 e i primi anni ‘90.

Con tutto il rispetto per chi avanza questa richiesta, diciamo subito che questo è il modo sbagliato per ricordare il giudice Giovanni Falcone. Per almeno due motivi. In primo luogo, perché, in quegli anni – come ricorda e documenta sul nostro giornale Franco Nicastro – erano in tanti a polemizzare con Falcone. In secondo luogo, perché è sempre un errore riproporre una polemica a distanza di tanto tempo, senza tenere conto del momento storico in cui maturavano quei fatti.

Chi ha vissuto quegli anni ha il dovere di ricordare: di ricordare tutti i fatti e non soltanto alcuni passaggi, anche se dolorosi e contraddittori.

Falcone venne osteggiato pesantemente quando pose la propria candidatura a consigliere istruttore presso il Tribunale di Palermo. Avrebbe dovuto prendere il posto di Antonino Caponnetto. Ma gli tagliarono la strada. E fu il Consiglio superiore della magistratura a preferirgli il giudice Antonino Meli. Che facciamo, adesso, invitiamo il Csm di oggi a giustificare l’operato del Csm di quegli anni?

Se non ricordiamo male anche la sinistra di allora creò non pochi problemi a Falcone. Forse allora non c’erano le correnti al’interno del Csm? C’erano. E fu proprio una certa sinistra a motivare la scelta di Meli a discapito di Falcone. O ci stiamo inventando tutto?

Anche la nomina di Falcone a direttore degli Affari penali presso il ministero di Grazia e Giustizia suscitò critiche da parte delle forze politiche. Se non ricordiamo male, le critiche a Falcone arrivavano da sinistra. A quella sinistra già post comunista (o quasi) che mal sopportava vedere Falcone lavorare a fianco dell’allora Guardasigilli, il socialista Claudio Martelli.

E che dire della Superprocura antimafia? Le proteste della sinistra contro Falcone – come ricorda sempre Franco Nicastro – furono violente. Si arriverà anche a uno sciopero dei magistrati.

Ebbene, anche queste riserve e queste proteste verso la Superprocura – che si riveleranno immotivate – non giustificano, oggi, la richiesta di scuse a chi allora protestava.

La verità è che, in quegli anni, le divisioni erano profonde. Anche all’interno dello stesso schieramento antimafia. Nel dibattito pubblico di allora – come spesso accade nel nostro Paese – pesavano due elementi: il pessimismo e l’appartenenza politica. Da un lato la mafia sembrava fortissima, protetta chissà da chi; dall’altro c’era una sinistra di derivazione comunista che considerava il Psi di Craxi un ostacolo da abbattere comunque e qualunque cosa facesse. Così Falcone finiva con l’essere identificato con il socialista Martelli e, di conseguenza, andava colpito pure lui: per esempio, con una polemica durissima contro l’istituzione della Superprocura antimafia.

Avrebbe senso, oggi, chiedere a quei dirigenti dell’allora Pds – che in parte sono ancora presenti nella vita politica del nostro Paese – di ammettere di avere sbagliato? A nostro avviso sarebbe una richiesta sbagliata, perché ogni fatto si inserisce in un preciso momento storico.

Piuttosto che sollevare polemiche inutili, sarebbe invece più interessante chiedersi come mai, a distanza di vent’anni, la verità sulle stragi del 1992 è ancora di là da venire.

A chi scrive rimase impressa una frase pronunciata poche ore dopo la strage di Capaci dal magistrato Giuseppe Ayala. Era, se non ricordiamo male, un’intervista in Tv. Breve ma assai incisiva. Nel commentare la bomba che poche ore prima aveva squarciato il tratto di autostrada Palermo-Trapani-Mazara del Vallo, all’altezza del bivio per Capaci, uccidendo Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta, Ayala disse: “Mafia è poco”. Lasciando intendere chiaramente che nella strage avrebbe potuto starci qualcosa o qualcuno che andava al di là della mafia.

Oggi, a vent’anni di distanza, non tutto è ancora chiaro. Come è spesso accaduto in Italia da Portella delle Ginestre ai nostri giorni, brandelli di verità di mescolano ancora con zone grigie e ombre difficili da diradare. Interrogarsi su questo ci sembra molto più conducente che riaprire vecchie polemiche ormai consegnate alla storia.

Foto tratta da websulblog.blogspot.com

 

Giulio Ambrosetti

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