«Un disastro senza precedenti». A marzo era stata bollata così la situazione di difficoltà vissuta da autotrasportatori, pescatori e automobilisti a seguito dell’aumento dei prezzi (più che raddoppiati) di benzina e gasolio. Una circostanza che ha comportato lo stop delle marinerie e proteste in tutta Italia. Due mesi dopo, le cose non sembrano essere migliorate. I costi dei carburanti sono tornati a salire, sfiorando il tetto dei 2 euro come, si credeva, non sarebbe più successo in seguito al blocco nazionale delle accise. Quando a sollevare la questione erano stati gli autotrasportatori di tutta Italia. In Sicilia erano stati il consorzio Aias e le associazioni di categoria a puntare i piedi. Stavolta a fermarsi in Sicilia è invece la pesca. «La spesa per il carburante incide al 90 per cento sui costi di chi va per mare – ha spiegato a Direttora d’aria il segretario Uila pesca Sicilia Tommaso Maccadino – Persone che, una volta fuori, con pescherecci o piccole barchette, non sanno quanto pescheranno e quindi quanto potranno vendere e guadagnare. Una situazione che segue la pandemia e i pochi giorni di pesca concessi per legge: in questo stato, meglio stare fermi – ha detto Maccadino – La politica sta promettendo bonus e aiuti ma sono stampelle passeggere: le soluzioni a medio e lungo termine per questo settore sono altre e riguardano anche l’ambiente».
Il settore produttivo sta provando a fare sentire la propria voce, ma sciogliere i nodi non è così semplice: ogni anello della filiera dà la colpa a qualcun altro e c’è chi pensa sia in corso una speculazione. Rispetto a marzo – quando il caro carburante investiva in maniera omogenea tutta l’isola – però ci sono distributori che applicano tariffe più alte e altri più contenute. Situazione che, per Figisc Sicilia, si spiega con la considerazione secondo cui alcuni distributori avrebbero la possibilità di beneficiare di scorte più ingenti. Potendosi permettere, così, di applicare tariffe più basse. «Il prezzo di acquisto all’ingrosso è uguale per tutti – ha commentato il presidente Riccardo Di Benedetto – ma qualche società petrolifera, disponendo di molte più scorte rispetto ad altre altre, riesce a vendere a prezzo inferiore». In un sistema in cui il prezzo d’acquisto viene regolato dal cosiddetto platts, ovvero la quotazione della benzina sul mercato internazionale che influenza il costo della materia prima. A questa fanno riferimento centinaia di compagnie energetiche. Un importo a cui si aggiunge il peso delle accise che incide per circa il 50 per cento sui costi dell’intero comparto.
«La situazione che si è creata è totalmente illegittima – ha lamentato Maccadino – perché questo aumento spropositato si spiega solo con una grossissima speculazione, come per i gestori dell’energia elettrica che si stanno facendo i baffi. Il governo italiano fa orecchio da mercante perché, essendo socio di maggioranza di Eni, non ha alcun interesse a colpire o a intervenire nei confronti della società». Intanto la pandemia non è stata ancora superata e l’invasione russa dell’Ucraina, oltre a rappresentare un pericolo per la pace mondiale, ha acuito i costi energetici e l’inflazione. «In Tunisia, il pesce costa 25 centesimi al chilo, in Italia un euro e dieci centesimi – ha precisato il segretario Uila pesca – Se si pensa che un peschereccio di Mazara Del Vallo per uscire in mare deve fare almeno 70mila euro di gasolio con il rischio di non portare a casa niente l’incertezza regna sovrana. Chiediamo con forza al governo regionale e nazionale di attivare delle politiche che guardino a un settore abbandonato a se stesso. Abbiamo avuto rassicurazioni – ha aggiunto – da parte dell’assessore regionale Toni Scilla e del presidente Nello Musumeci sul fatto che verranno immessi nel circuito circa 15 milioni di euro distribuiti tra caro gasolio e misure di sostegno per la pandemia».
A pesare, però, è anche il conflitto tra Russia e Ucraina. «Putin un mese fa ha dichiarato che sia per il metano che per il petrolio – ha sottolineato Di Benedetto – la Russia vende sempre allo stesso importo: fosse vero, l’aumento sarebbe ingiustificato». Nel frattempo la diminuzione delle accise di 30 centesimi prevista durante la pandemia pare che rimanga ancora una misura concreta. «L’8 luglio il governo avrebbe dovuto aumentare nuovamente le accise perché quella valeva come decurtazione emergenziale – ha chiarito il presidente Figisc Sicilia – ma pare che il governo sia intenzionato ad allungare il termine di parecchio tempo e diminuire ancora le accise per calmierare i prezzi il cui aumento sta provocando un’inflazione esagerata». E a farne le spese sono gli ultimi della catena: «Noi – ha concluso Di Benedetto – siamo costretti a sborsare un enorme quantitativo di denaro per il carburante, si parla di duemila euro ogni mille litri contro i 1600 euro a cui eravamo abituati».
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