«Una vera e propria agenzia illecita» che si occupava del trasferimento in Italia degli stranieri. Un’alternativa ai barconi della morte, ma altrettanto remunerativa. Il procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci, definisce così l’organizzazione internazionale sgominata dalla Polizia nell’ambito dell’operazione Golden Circus, che ha portato al fermo di 41 persone, dodici delle quali a Palermo e Trapani. Cittadini provenienti per lo più dall’India, dal Pakistan e dal Bangladesh venivano fatti entrare illegalmente in Italia con la complicità di un funzionario regionale corrotto e della moglie, che avevano messo in piedi un’attività familiare grazie alla quale curare “in proprio” i contatti con gli imprenditori circensi.
«All’interno dell’organizzazione – ha spiegato Agueci durante una conferenza stampa convocata in Procura per illustrare i dettagli del blitz – c’era una perfetta e articolata divisione dei compiti». Nulla era lasciato al caso. Così mentre un gruppo di persone di nazionalità indiana si occupava di reclutare le persone destinate ad arrivare in Italia «con sistemi più comodi dei barconi», altri avevano «funzioni di intermediazione» come Tommaso Latina Fernandez.
Un meccanismo reso più semplice dallo Statuto della Regione siciliana. «La legislazione regionale siciliana – ha spiegato il capo dei pm palermitani, Francesco Lo Voi – consente a differenza di quella nazionale di superare il limite fissato dai cosiddetti decreti flussi nel settore dello spettacolo e, soprattutto, nel settore circense». Così con procedure molto più semplici era possibile ottenere il nulla osta per il visto, rilasciato dall’assessorato alla Famiglia dopo avere acquisito un ulteriore nulla osta da parte della Questura. «È bastato individuare un soggetto in assessorato che si prestasse a svolgere queste attività, falsificando il precedente visto della questura anche con l’uso di timbri falsi, per potere essere consegnati agli immigrati che dovevano venire in Italia» ha aggiunto Lo Voi.
«Quello che è mancato e che continua a mancare, come dimostrano le ultime indagini – ha concluso Agueci – è un sistema di controlli e di trasparenza. Una mancanza che permette a funzionari infedeli di agire indisturbati».
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