Il boom del crack a Palermo svelato da chi lo cucina «Ho visto 13enni comprare delle dosi a cinque euro»

L’ultimo fermo risale alla notte tra sabato e domenica: un ragazzino di appena 16 anni, sorpreso con 51 dosi di crack per le vie dell’Albergheria. Niente di strano per una droga che ha raggiunto picchi altissimi di diffusione tra i giovanissimi, complice anche il prezzo estremamente abbordabile: bastano cinque euro per procurarsi una pallina di carta stagnola o di carta e cellophane con dentro una dose. Abbastanza per subire l’effetto di questa droga, estremamente diffusa negli Stati Uniti negli anni Ottanta e sbarcata da poco anche a Palermo, dove promette di diventare un business fiorente per le mafie locali e non. 

«Prima erano solo i nigeriani a cucinare il crack, anche se erano lo stesso i siciliani a guadagnarci – racconta a MeridioNews John (il nome è di fantasia), arruolato con la forza tra le fila dei cuochi in grado di sintetizzare i cristalli del crack dalla cocaina – Adesso anche i palermitani lo fanno. Non è difficile e il guadagno c’è. Ho visto anche ragazzi di 13 anni comprare la dose». Sotto il consiglio di John ci siamo recati in una delle piazze di spaccio più note, all’Albergheria, e abbiamo atteso. Sono le 15 e a quanto pare il pusher non si trova al suo posto. Resta deluso un giovanissimo, arrivato in punta di piedi, con tanto di zaino ancora in spalla, che scruta attraverso la rete di una porta metallica. Poi si accovaccia a terra davanti a un portone, coperto dietro a un’auto parcheggiata, e consuma la poca roba che gli è rimasta. 

Dalla seconda metà del 2018 a oggi tante sono state le azioni di polizia con al centro questa nuova droga. La più nota è l’operazione Pellicano, che lo scorso 18 febbraio ha portato in carcere cinque palermitani che avevano messo in piedi una piccola centrale per la produzione e la vendita del crack in via Brigate Aosta, nella zona dei cantieri navali. Ma, considerando gli interventi anche isolati, il dato che emerge in maniera più significativa è che oltre a Ballarò, dove si continua a smerciare il crack cucinato dai nigeriani, quella in maggiore ascesa è la piazza di Brancaccio. Qui è stata scoperta la prima crack house dopo anni. Era il 19 settembre, quando i carabinieri del nucleo operativo di San Lorenzo, dopo avere portato in carcere sei persone, tra cui tre ragazzi poco più che ventenni e un minore di 17 anni, raccontavano: «Dalla quantità di stupefacente sequestrato e dal tipo di attrezzatura rinvenuta, si tratta di una raffineria di crack, che possiamo definire droga tornata attualmente di moda a Palermo dopo la sua ascesa negli anni ’90». Neanche un mese dopo, sempre a Brancaccio, è stata la polizia a trovare un’altra raffineria, questa volta gestita da un 26enne del posto. La scoperta seguiva l’arresto di un altro ragazzo, sempre nello stesso rione. 

«La dipendenza è terribile – spiega ancora John – Se si può provare la cocaina senza per questo cadere nella spirale, così non è per il crack. Potrebbe essere sufficiente anche una sola dose: l’effetto è molto potente, dura pochi minuti, poi resta una voglia incredibile di fumare di nuovo». Insieme a un’eccessiva eccitazione, che sfocia facilmente in aggressività. E, purtroppo, nel rischio di morte per overdose. Ma quello che importa a chi gestisce il business è che si ottengono clienti fidelizzati con poca spesa: la cocaina, da cui si parte per ottenere il crack, viene raffinata in cristalli grazie a ingredienti molto economici e facili da reperire, come il bicarbonato o l’ammoniaca. Una ricetta non complicata da eseguire, ma che fino a qualche mese fa non era così diffusa, tanto che per convincere John, tra i pochi all’inizio a conoscere i giusti dosaggi e le temperature, c’è voluta una spedizione punitiva. Lui non ne parla quando glielo chiediamo e non si capisce se quell’andatura caracollante sia dovuta ai segni di quella aggressione o al fatto che anche lui, che sarebbe dovuto rimanere solo un cuoco, ha ceduto alla tentazione ed è caduto nella stessa dipendenza, tanto dal finire col restituire buona parte del poco che guadagna alle persone che gli lasciano tenere per sé una percentuale della vendita della droga.

Gabriele Ruggieri

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