Titolo: Il barbiere di Siviglia. Autore: Pierre-Augustin Caron de Beaumerchais. Adattamento e regia : Giovanni Anfuso. Scene : Riccardo Perricone. Costumi : Odette Nicoletti. Musiche: Lucio Gregoretti. Coreografie: Angela Arena. Luci: Franco Buzzanca. Interpreti: Sebastiano Tringali, Angelo Tosto, Vincenzo Ferrera, Pietro Montandon, Debora Bernardi. Produzione: Teatro Stabile Catania.
In scena al Teatro Verga, per il cartellone dello Stabile etneo, il classico Il barbiere di Siviglia, di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais con la regia di Giovanni Anfuso.
Prima che Gioacchino Rossini attraverso lopera lirica lo rendesse un personaggio arcinoto ed immortale al grande pubblico, Figaro fu lelemento drammaturgico guida di un grande scritto teatrale (Il barbiere di Siviglia appunto, ma anche de Le nozze di Figaro e La madre colpevole differenti, però, nella paternità autoriale) attraverso il quale il suo creatore, Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, cercò di raccontare con apparente leggerezza il passaggio tra due basilare ed antitetiche epoche storiche, divise traumaticamente da quellevento fondamentale che fu la Rivoluzione Francese. In questopera di Beamarchais sono infatti già visibili i germi di quei cambiamenti storici che poi porteranno inevitabilmente in Francia allo scoppio del movimento rivoluzionario. La borghesia in questo scritto è infatti descritta come quella classe sociale che per la prima volta mostra di essere brava non solo con le mani, ma anche con la testa. Allinterno de Il barbiere di Siviglia (licenziato nel 1772, a pochi anni dallevento rivoluzionario francese) Beaumarchais rende tutto ciò molto visibile affiancando nella narrazione teatrale al classico elemento giuda aristocratico (il Conte dAlmaviva) quello innovativo e positivo borghese (Figaro, Rosina, Bartolo).
La fabula de Il barbiere di Siviglia è talmente nota da rendere quasi inutile la sua cronaca: storia dell unione amorosa sivigliana tra la borghese Rosina e laristocratico Conte dAlmaviva, realizzatasi principalmente grazie agli arguti inganni del poeta, musicista e barbiere (ovviamente) Figaro.
Trasportata dalla fine del 700 allinizio del 900, questa riduzione del regista Giovanni Anfuso ha il merito di riportare lo spirito della vicenda al suo alveo narrativo originale, differenziandolo nettamente da quello gioacchiniano del Figaro qua e Figaro la. Limitatissimo è infatti lelemento iberico-esotico del racconto, mentre quello favolistico originale è maggiormente accentuato. Se da un lato però questo fattore appare il maggior pregio dello spettacolo allo stesso tempo esso ne è anche il più visibile difetto. Questo dovuto al fatto di una mancanza di equilibrio nel voler caratterizzare i personaggi e la vicenda (dal trucco ai costumi alle scenografie sino alla recitazione) eccessivamente in questa direzione, rendendo lo spettacolo più simile ad una rappresentazione di marionette che un classico spettacolo teatrale in carne ed ossa. Inoltre il duo di esperienti attori che reggono lo spettacolo (Trincali, Tosto) non è apparso per nulla informa nellinterpretare dei ruoli che per la loro natura a metà strada tra il plautino ed il vaudeville meritavano un maggior apporto di energia recitativa. Incertezza (soprattutto nelle parti canore e coreografiche) nella quale gli interpreti principali hanno finito per trascinare con se anche il resto del cast, ad eccezione del bravo Pietro Montandon, ottimo nel caratterizzare grottescamente la maschera del mellifluo Don Basilio.
Uno spettacolo, comunque, nel complesso godibile, anche se in realtà una vera occasione sprecata.
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