Iblis: troppi stralci, processo a rilento Santapaola trasferito a Roma al carcere duro

Stava per entrare nel vivo il processo ordinario nato dall’indagine Iblis: uno dei sette filoni dell’investigazione della Procura etnea sui presunti intrecci tra politica, imprenditoria e mafia. Un numero di diramazioni cresciuto proprio oggi, con la notizia del non accoglimento dell’archiviazione della posizione del senatore catanese Nino Strano da parte del giudice Luigi Barone, su richiesta degli stessi magistrati catanesi. Il processo ordinario, cominciato in Corte d’Appello e rinviato al Tribunale di Catania forse non definitivamente, va intanto avanti: oggi si è tenuta la prima audizione – presto rinviata – con la testimonianza del capitano dei Carabinieri Luigi De Bari, all’epoca dei fatti in servizio al Reparto operativo speciale di Catania. Intanto si è saputo il nome del funzionario della Banca d’Italia chiamato a testimoniare , oggi assente per precedenti impegni istituzionali. Si tratta di Giovanni Giuffrida che comparirà in una prossima udienza per raccontare degli interessi criminali nel settore dell’eolico in Sicilia.

Breve l’audizione di De Bari che, nel corso dell’indagine Iblis, si è occupato di svolgere servizi di pedinamento e osservazione nei confronti di diversi indagati. Sono 13 le relazioni di servizio redatte dal capitano dal 7 maggio 2007 al 13 ottobre 2008 e richieste dall’accusa come prove. Le principali riguardano i contatti di parte degli imputati con Enzo Aiello, ritenuto dai magistrati il rappresentante provinciale catanese di Cosa Nostra, e i rilevamenti nei confronti di Salvatore Barbagallo, il geologo proprietario della masseria a Ramacca dove, sempre secondo la Procura etnea, si sarebbero tenuti diversi summit mafiosi. Sempre Barbagallo è poi considerato il tramite tra la criminalità organizzata e i fratelli Lombardo. Alcune delle relazioni oggi citate dal pubblico ministero Antonino Fanara riguardano infatti la presenza del geologo presso la segreteria politica di Angelo Lombardo, deputato nazionale Mpa. «Relazioni che riguardano quasi del tutto persone imputate in un altro processo», contesta il legale di Enzo Aiello. Ricordando inoltre come, nei confronti del suo cliente, non sia il Tribunale a doversi pronunciare per l’accusa di associazione mafiosa. Accusa rimasta in mano alla Corte d’Appello. «Ha ragione – ribatte Fanara – Ma noi dobbiamo dimostrare tutto il meccanismo dell’associazione e come operava». Il giudice gli dà ragione, ma annulla la prossima udienza – prevista per giovedì 7 giugno – per dare il tempo agli oltre trenta legali delle difese di studiare i documenti. Effetto dei numerosi stralci che, non permettendo di trattare in modo unitario fatti e imputati, rischiano di ritardare i tempi di un processo già complesso e far saltare prove e legami logici.

Tornando alle testimonianza, grazie a Gps e pedinamenti, De Bari ha raccontato di aver potuto vedere con i suoi occhi come il fuoristrada Mercedes guidato da Franco Costanzo – imputato che ha scelto il rito abbreviato – posteggiare nel maggio 2007 alla zona industriale di Catania, nel parcheggio della ditta di rivendita di pneumatici all’ingrosso Pneus International. L’attività risulta di proprietà di Concetto Di Stefano, genero di Giuseppe Ercolano, ritenuto dai magistrati a capo di Cosa Nostra etnea. «Al suo fianco, seduto nel sedile del passeggero, c’era Enzo Aiello», racconta De Bari.

In chiusura dell’udienza, rimandata al prossimo 14 giugno, si è discusso ancora una volta di un imputato eccellente: Vincenzo Santapaola. Arrestato a marzo di quest’anno proprio nell’ambito dell’operazione Iblis – dopo essersi dato alla latitanza a novembre del 2010 – adesso il figlio del boss Nitto Santapaola è stato sottoposto nuovamente al regime di carcere duro e trasferito a Roma. «Il nostro assistito è da giorni in totale isolamento –  lamenta il suo legale Francesco Strano Tagliareni – Più di quanto sia imposto dal regime del 41bis». E pure con le stampelle, come appare in videoconferenza, dopo lo scivolone dichiarato qualche settimana fa. «Non si tratta di una nostra richiesta – risponde Fanara – Ma non sappiamo se esistano delle esigenze di tipo disciplinare». Santapaola junior, additato dai pentiti come il nuovo capo di Cosa Nostra catanese, è noto per essere riuscito a inviare una lettera-appello a quotidiano cittadino La Sicilia, chiedendo di essere considerato non più per il suo cognome, ma come persona. Missiva inviata nel 2008 nonostante il detenuto fosse sottoposto al regime di 41bis. Che non consente contatti con l’esterno e, soprattutto, corrispondenza non vagliata da un giudice. Eccetto quella con gli organismi internazionali in difesa dei diritti umani e quella con i propri legali, purché riguardi questioni processuali.

[Foto di RobertoCobianchi]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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