Iblis, in aula parla la moglie di Santapaola jr «Una splendida persona che ha sofferto»

Un ragazzo segnato nel corpo e nel morale da un grave incidente in moto. Un gran lavoratore. Un marito affettuoso. E’ questo il profilo di Vincenzo Santapaola, figlio dell’ex capomafia Nitto, almeno secondo la sua difesa al processo Iblis. Che passa soprattutto dalla testimonianza in aula della moglie Vincenza Nauta. Un momento atteso per chiarire i contorni di una delle figure più note del procedimento, accusato di essere stato il capo di Cosa nostra etnea soprattutto dal collaboratore di giustizia ed ex reggente del clan Santapaola Santo La Causa. Ruolo però di cui si è parlato poco in questi due anni di udienze che, a gennaio, volgeranno al termine con l’inizio della requisitoria dell’accusa.

A prendere la parola per primi e smentire le dichiarazioni di La Causa e Palma Biondi, moglie del pentito Eugenio Sturiale, sono Rita Rapisarda e Carmelo Puglisi. La prima legata ai Santapaola da rapporti indiretti di parentela, perché moglie di Francesco Mirabile – padre dei due collaboratori di giustizia Giuseppe e Paolo – e sorella della moglie di Nino Santapaola, fratello di Nitto e zio di Vincenzo. Il secondo in quanto presunto capo del gruppo mafioso di Villaggio Sant’Agata. Entrambi negano di conoscere Vincenzo Santapaola e di conseguenza il suo presunto ruolo di capo.

Così arriva il momento di Vincenza Nauta, 33 anni, agente immobiliare da 13 anni, «non ho familiari con procedimenti giudiziari, provengo da una famiglia onesta», racconta. A farle conoscere il suo futuro marito è una parente di un suo ex datore di lavoro che incontra Santapaola nella pizzeria dove il ragazzo lavora. «Tornando, mi raccontò di questa splendida persona che aveva subito un incidente e stava soffrendo molto – spiega Nauta – Ero curiosa, andai alla pizzeria per conoscerlo ma non sapevo che fosse sorvegliato speciale e che quindi alle 21 dovesse tornare a casa. Poi lo incontrai e ci fidanzammo». Presto arriva la convivenza, interrotta appena tre mesi dopo per un nuovo arresto, e nel 2011 il matrimonio.

Una famiglia normale, che si rivolge alle forze dell’ordine per un furto e che manda avanti insieme un ristorante. Oggi in liquidazione. «Nel 2011 ho acquisito le quote del 50 per cento della società Sapori di casa (ristorante a San Giovanni La Punta, ndr) – racconta Nauta – Dopo un paio di mesi ho assunto mio marito, che è uno chef, nello stesso ristorante». Ma per i magistrati si tratta in realtà di una intestazione fittizia di beni. «Praticamente da quando siamo sposati pare che dietro a ogni cosa che io faccio ci sia lui, come se io non fossi autonoma nel lavoro. È anche un po’ offensivo onestamente», risponde fiera. La voce che solo ogni tanto si increspa.

«Conosce Santo La Causa?», chiede il difensore del marito. «Purtroppo sì», risponde la donna. E torna indietro nel racconto al 2008, quando Vincenzo Santapaola, attraverso i suoi avvocati, fa pubblicare una lettera sul quotidiano La Sicilia «in cui prende le distanze dall’ambente malavitoso», secondo l’interpretazione della moglie. «Dopo una decina di giorni, suonano al citofono di casa mia e mi dicono che c’è posta da firmare, insistendo per salire anche se stavo per scendere io – continua Naura – Quando uscii dall’ascensore, trovai un uomo che mi chiese se ero la sorella di Enzo. Io spiegai che ero la convivente e lui allora disse: “Facitici sapiri a Enzo ca non si pemmette di scriviri cetti cosi ndo giunnali“. Aveva lo sguardo di una persona molto cattiva, vestita da postino accomodato, diciamo così».

Che fosse La Causa, Nauta racconta di averlo capito solo l’anno dopo. Quando, nel 2009, aspettando con il marito di vedere in tv una puntata del cartone animato preferito, I Simpson, scorrono al telegiornale le immagini di una maxi retata. Tra gli arrestati, anche il superlatitante La Causa. «Dissi a mio marito che era lui il finto postino ed Enzo si mise a piangere per il rischio che avevo corso». «Ma, se era estraneo all’ambiente, come faceva suo marito a sapere che La Causa era cattivo?», chiedono i pm. «L’avrà appreso in carcere», risponde Nauta. Che spiega la mancata denuncia dell’episodio alle forze dell’ordine con la volontà di non allarmare Santapaola jr. «La salute di mio marito viene prima anche della mia stessa vita – conclude la donna – E così sempre sarà. Anche per quanto riguarda la testimonianza di oggi, con cui lui non era d’accordo quando gliene parlai a Rebibbia, perché ha perso la mamma in una circostanza simile». Grazia Minniti, freddata con due colpi di pistola da dei finti agenti di polizia che una sera del 1995 hanno suonato alla sua porta di casa.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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