Trecento e poco più. E’ la somma degli anni di carcere chiesti dai pubblici ministeri Agata Santonocito e Antonino Fanara per gli imputati del processo Iblis, imprenditori e politici accusati di essere scesi a patti con presunti esponenti mafiosi. Oggi, alla fine della requisitoria dei magistrati, le risate e i borbottii delle difese e del pubblico che hanno spesso animato l’aula, hanno fatto posto alle lacrime dei familiari, soprattutto mogli e figlie degli imputati. Che durante il processo aspettavano questo momento, considerandone l’esito scontato ma non così duro. Tra aggravanti e pene accessorie, sono quasi cento gli anni in più di quelli chiesti in primo grado nel filone abbreviato della stessa indagine. Poche le assoluzioni elencate dai pm, relative ad alcune delle estorsioni analizzate nel processo e in un primo momento addebitate a Pasquale Oliva, Rosario Di Dio e Vincenzo Aiello. Per i quali il bilancio resta comunque pesante.
Tra gli accusati di associazione mafiosa è proprio Pasquale Oliva l’imputato per cui i pm chiedono la pena maggiore: 28 anni di reclusione, come capo e promotore, accusato anche di alcune estorsioni aggravate dal metodo mafioso e di riciclaggio. Oliva avrebbe gestito l’area del Calatino per conto di Cosa nostra catanese insieme a Rosario Di Dio per cui sono stati chiesti – anche per l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso – 26 anni e 8 mesi. A capo dell’organizzazione etnea, secondo i magistrati, sarebbe stato poi Vincenzo Santapaola, per cui sono stati chiesti 21 anni e 4 mesi di reclusione. Gli altri accusati di associazione mafiosa e le pene per loro richieste sono: Giovanni Buscemi, 16 anni; Angelo Carbonaro, 12 anni; Natale Ivan Filloramo, 21 anni e 4 mesi; Massimo Oliva, 16 anni; Francesco Pesce, 15 anni; Giuseppe Rindon, 16 anni; Mario Scinardo, 15 anni; Tommaso Somma, 15 anni. All’associazione mafiosa si aggiungono le richieste di condanna per delle estorsioni aggravate dal metodo mafioso per l’ex assessore di Ramacca Giuseppe Tomasello (19 anni e tremila euro di multa) e, con l’aggiunta ancora dell’accusa di riciclaggio, per gli imprenditori Giovanni D’Urso (20 anni e novemila euro) e Carmelo Finocchiaro (22 anni e diecimila euro di multa).
Tra gli incriminati di concorso esterno in associazione mafiosa spicca il nome di Fausto Fagone, ex sindaco di Palagonia e deputato regionale Pid, per il quale i magistrati hanno chiesto 17 anni di carcere, compresa l’accusa di concussione per induzione. Le altre richieste di condanna per il concorso esterno riguardano gli imprenditori Santo Massimino e Sandro Monaco per i quali i pm hanno chiesto 12 anni di reclusione ciascuno. Accusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso e riciclaggio sono infine Vincenzo Aiello (25 anni e 6 mesi e 14.400 euro di multa); Giuseppe Brancato (4 anni); Rosario Cocuzza (4 anni); Mario Ercolano (14 anni e settemila euro di multa); Carmelo Mogavero (3 anni e 8 mesi).
Oltre alle condanne, i pubblici ministeri hanno formulato alla corte anche le proprie richieste di confisca dei beni degli imputati, alcuni già sotto sequestro. Tra le società nel mirino della procura etnea – che chiede la confisca dell’intero patrimonio aziendale e non solo delle quote – ci sono il distributore Agip di Salvatore Di Dio (fratello dell’imputato Rosario, ndr) sulla Catania-Gela, teatro di numerose intercettazioni; la Impregel di Franco Pesce e la Templari srl di Carmelo Finocchiaro. E ancora terreni, conti correnti bancari, polizze assicurative, appartamenti – come quello a Roma di Sandro Monaco e quello di Pesce al residence Le Spiaggette di Augusta – e diverse auto. La Ferrari California e le 500 abarth di Giovanni D’Urso, ad esempio.
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