«Mafiosi e paramafiosi debbono restituire i denari. Chi li ha serviti se ne deve andare. Non dimissioni (e a chi?) ma carabinieri». I Siciliani giovani non hanno peli sulla lingua. Il direttore Riccardo Orioles e i giovani che oggi scrivono per la nuova edizione online scenderanno in piazza nel pomeriggio e ci resteranno per altri due giorni, per manifestare contro l’azione delle ultime amministrazioni catanesi. Ma soprattutto contro coloro che vengono definiti «destri, sinistridestri, uomini di Raffaele Lombardo e di Totò Cuffaro: tante bestie diverse, come un grottesco zoo, tutte affamate e feroci».
«Noi oggi poniamo una questione morale – spiega Orioles a MeridioNews – La parte politica dei problemi è ben coperta, nel bene o nel male, da una serie di organizzazioni,. Ma, dopo le pessime prestazioni delle ultime amministrazioni sul tema antimafia, vogliamo scendere in campo. Prima di tutto sulla questione dei rapporti tra Enzo Bianco e Mario Ciancio». Quest’ultimo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e intercettato al telefono con l’attuale primo cittadino a proposito del Piano urbanistico attuativo – variante Catania sud, un maxi progetto che avrebbe cambiato il volto della Playa. Una questione che riporta al centro dell’agenda politica le presunte contiguità tra istituzioni, imprenditoria e ambienti mafiosi, verso i quali le ultime amministrazioni «hanno preso posizioni di tolleranza quando non di totale negazione», afferma Orioles. «Se noi fossimo stati una parrocchia avremmo segnalato che gli insegnamenti del vangelo sono in pericolo. Allo stesso modo vogliamo dire che sulla questione mafiosa oggi è necessario tornare a impegnarci – continua il direttore – Noi non siamo i duri e puri, più volte abbiamo provato a dialogare con i rappresentanti del Comune e con le altre realtà cittadine, ma sentiamo il dovere di chiamare all’appello tutte le forze sane della nostra comunità».
Anche di quelle associazioni che negli ultimi tre anni «hanno avuto un comportamento morbido che, sempre in buona fede, si è sposato bene con la tattica propagandistica dell’amministrazione. Ora però stanno tutti prendendo coscienza», conclude Orioles. L’occasione per le manifestazioni pubbliche, come si legge sul manifesto, è la votazione del piano di rientro. Il documento contabile arriverà in consiglio comunale domani sera e deciderà «se Catania campa o muore». «Chi deve pagare i debiti di tre successivi sindaci d’affari, di cui l’ultimo è ancora qui? Chi li ha fatti, chi se l’è goduti, o chi non c’entra niente?», domandano I Siciliani giovani che danno appuntamento per 28, 29 e 30 settembre in piazza Duomo.
Nel frattempo si è costituito anche il comitato Catania non si vende, il «coordinamento di movimenti e singoli che si oppone alla svendita del patrimonio e alla speculazione sul debito pubblico». Tutti insieme hanno inviato una lettera pubblica all’intero consiglio comunale del capoluogo etneo: un appello affinché gli eletti non votino il «documento finanziario che segnerà la vita della città e vincolerà ogni atto amministrativo fino al 2023, ben oltre il mandato dell’attuale amministrazione». «Nonostante la rilevanza dell’atto, il piano di rientro non è stato discusso con la città, con i soggetti sociali, con le categorie produttive», si legge nella nota. Che cita anche il parere, pieno di riserve, del collegio dei revisori dei conti di Palazzo degli elefanti.
Diversi componenti del senato cittadino hanno già annunciato che non voteranno la delibera. Per analizzarla, la scorsa settimana il vicepresidente del consiglio comunale Sebastiano Arcidiacono ha aperto le porte dell’aula consiliare a una variegata compagine di associazioni civiche. Tra queste anche gli imprenditori riuniti attorno al Tavolo per le imprese. «In quell’occasione è stato spiegato che questo documento arrecherebbe un danno non di poco conto alla città, che sarebbe vincolata a quei numeri per i prossimi dieci anni», spiega il portavoce Angelo Caruso. «Non dimentichiamo che molte delle scelte contabili dell’amministrazione sono già state messe alla berlina dalla Corte dei conti – prosegue Caruso – I debiti della città non possono continuare a gravare sui cittadini». E conclude: «Un esempio di come la giunta opera è la questione delle nomine nelle partecipate e il continuo riciclo dei politici: si può andare avanti così?».
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