Se non ce n’eravamo accorti prima, di certo l’emergenza Covid ha spazzato via in un colpo solo ogni dubbio: nell’epoca in cui uscite e contatti sono vietati per combattere il virus, cibo e farmaci sono in cima alla lista dei beni di prima necessità di cui non si può fare a meno. Ma c’è qualcos’altro, oltre a fame e malanni, che non si ferma nemmeno davanti alla pandemia, anzi: la morte. Tra quei servizi essenziali che continuano a lavorare, forse anche più di prima, c’è infatti anche quello delle onoranze funebri. Fondamentale prima come adesso, ma di cui non parla quasi nessuno. «Eppure noi siamo sempre qui, continuiamo a lavorare normalmente», racconta per esempio uno dei titolari dei servizi funebri Maggio di via Roccella. Normalmente vale a dire con lo stesso ritmo, a volte di più. Ma di normale, anche in questo settore, è rimasto ben poco. «Chiaramente continuiamo a fare tutto adottando molte più precauzioni, dobbiamo stare molto attenti anche noi», spiega.
«Con le famiglie adesso c’è un certo distacco che prima magari non c’era, prendiamo precauzioni aggiuntive sia noi che loro, diventa tutto più delicato». L’azienda Maggio è una di quelle che, a Palermo, non è a corto di presidi e può continuare a svolgere i servizi avvalendosi di tutte le misure necessarie. «Ci riforniamo noi in maniera autonoma, nessuno ci ha dato niente e nessuno si preoccupa di noi, dobbiamo comprarli come tutti. Nessuno parla di noi, eppure siamo sempre qui – ribadisce -, a lavoro». Fatto, adesso, di non poche ansie e timori. «Contrastiamo la paura del contagio cercando di stare attentissimi, anche se poi alla fine non è che sappiamo fino in fondo come funziona. Puoi anche ritrovarti in una famiglia dove magari qualcuno è morto per arresto cardiaco, c’è un medico curante che dice questo, ma realmente è così? Quella persona può averlo avuto prima il virus e non averlo mai saputo? Non aver mai fatto un tampone? Noi non lo potremo sapere mai, ma neanche la famiglia probabilmente». Dubbi che ogni dipendente del settore si porta con sé anche a fine giornata, una volta rientrati a casa, dalle proprie famiglie.
«Dicono che da morti il tampone in ogni caso non darebbe alcun esito, così mi hanno detto in una clinica a proposito di una signora, “anche se glielo facciamo non abbiamo nessun esito”». Le incertezze e gli interrogativi, a proposito di questo aspetto, non sono pochi tra gli addetti ai lavori, da Palermo in su. Quanto resta nel corpo di un defunto il Covid? A qualcuno sarebbe stato detto solo poche ore, a qualcun altro addirittura per diversi giorni. Nel dubbio, si fa ricorso alla massima precauzione possibile. «Di tutto questo terribile periodo non potrà che restarmi un brutto ricordo – aggiunge -. Spero che passi il prima possibile e che non muoia più nessuno, che non si raggiungano i numeri di alcune regioni del nord, non lo vogliamo avere questo tipo di lavoro sinceramente. Forse a qualcuno può sembrare un’affermazione controproducente ma è così, basta morti da Covid, è tutto stravolto, non si può neppure più fare un corteo, un funerale, i rapporti con le persone che hanno perso qualcuno sono solo telefonici, mandiamo i modelli, facciamo firmare le autorizzazioni, poi le giriamo al Comune via pec, senza nemmeno vederci». Riducendo il mestiere quasi un disbrigo a distanza di pratica e che in questo momento taglia fuori l’altra faccia di questo mestiere, quella del conforto.
«Per le famiglie è un problema, perché non ci può essere nemmeno una messa, è una situazione piuttosto traumatica, noi cerchiamo di fare un servizio che sia in tutto e per tutto degno e dignitoso, a volte anche una benedizione o una piccola messa può fare tanto per chi resta», racconta anche chi lavora nelle onoranze funebri Messina di piazza Villagrazia. Dipendenti che, come tutti gli altri, appena arriva una chiamata si equipaggiano di tutto il necessario per essere preparati. Tute monouso, occhiali, mascherine, guanti doppi o anche tripli, calzari. «È proprio cambiato il modo di lavorare – continua -, non si fanno più funzioni e celebrazioni in chiesa, al massimo un sacerdote fa una benedizione a distanza. E poi la paura, certo che c’è, per noi come per chiunque lavori ancora in prima linea con un servizio essenziale. Abbiamo paura ma ci equipaggiamo in tutto e per tutto, disinfettiamo i mezzi e anche i nostri vestiti e scarpe anche se usiamo tute e calzari, la preoccupazione ovviamente c’è. Quando arriva una chiamata chiediamo sempre se è un caso di Covid o un caso sospetto, ma a prescindere dalla risposta dei famigliari, che potrebbero anche non esserne a conoscenza, noi ci equipaggiamo di tutto il necessario. Resta la preoccupazione, ma questo è un servizio pubblico essenziale, non possiamo non effettuarlo o negarlo alle famiglie, in primis per rispetto del defunto ma anche dei famigliari, non possiamo lasciarli soli in un momento del genere».
«I rapporti coi nostri clienti ovviamente sono cambiati – spiega anche l’azienda dei fratelli Paternostro di piazza Cupani -. Non riceviamo pubblico, abbiamo solo contatti telefonici, tutto è limitato all’essenziale, dalla sistemazione della salma con una procedura precisa dettata dagli ultimi decreti al disbrigo delle pratiche per il trasporto in regione o addirittura fuori, anche all’estero. Le funzioni sono azzerate, non c’è la possibilità di far celebrare una messa o un altro rito religioso, è tutto da evitare, omaggi floreali e articoli sacri non vengono più forniti, non hanno un senso dato che la salma non può essere seguita da un corteo. Mentre le tumulazioni vengono effettuate regolarmente, i cimiteri dei piccoli centri urbani non accolgono il pubblico a differenza di quelli delle grandi città come Palermo, ma c’è un controllo dei flussi controllato». Alla paura del contagio, che vale per tutti, si risponde munendosi di tutti gli accessori e presidi necessari. «Oggi non sembra ancora del tutto chiaro come si contagi il virus – osservano – per questo di fronte a dubbi e perplessità cerchiamo di toccare un corpo il meno possibile, specie nelle sue eventuali parti scoperte. Per fortuna siamo stati accorti e in magazzino abbiamo il materiale necessario, siamo attrezzati e pensiamo a tutto noi, nessuno ci rifornisce di niente. Possiamo lavorare serenamente per altri due mesi almeno, ma non tutte le aziende hanno la fortuna di avere tutte le risorse che servono».
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