Covid-19 e il caso Enna, l’Asp commissariata dalla Regione Pressioni dei sindaci. Sotto esame trasferimenti tra ospedali

«Resto, accolgo l’appello al dovere di non lasciare l’azienda senza guida. Attenderò lavorando l’esito dei lavori della commissione, per sapere se quanto fatto è considerato meno o più di quanto ci si poteva aspettare». Francesco Iudica alla fine di una giornata turbolenta rimane al suo posto di direttore generale dell’Azienda sanitaria provinciale di Enna. Nel pomeriggio di ieri aveva annunciato le sue dimissioni dopo aver saputo della decisione del governo regionale di commissariare la sua Asp e inviare una commissione d’inchiesta per esaminare «i fatti fin qui verificatisi». Poi il passo indietro sollecitato dallo stesso Razza: «Resti», ha scritto l’assessore in una nota, aggiungendo una precisazione che negli ambienti sanitari ennesi è sembrata anche una precisa chiave di lettura della vicenda: «Di questi tempi accertare i fatti consente all’opinione pubblica di sentirsi adeguatamente assistita».

Negli ultimi due mesi Enna ha vissuto una situazione estrema. Forse la peggiore di tutta la Sicilia. A dirlo sono i numeri: 294 positivi, di cui 176 ricoverati (ma in questo numero sono compresi i circa 100 pazienti dell’Oasi di Troina), 22 morti. Due Comuni dichiarati zona rossa: Troina e Agira. E altrettanti focolai infettivi (il secondo da Agira si estende anche a Leonforte e Assoro). Per numeri di contagi in rapporto alla popolazione Enna è la provincia siciliana maggiormente colpita dal Covid-19. «Ma è anche quella dove siamo riusciti ad attivare più posti letto in rapporto agli abitanti – precisa Iudica, parlando con MeridioNews – I ragazzi (così continua a chiamare medici e infermieri dell’ospedale di Enna ndr) sono stati bravissimi». La notizia dell’invio di un team di esperti, e ancor di più di una commissione d’inchiesta, ha colto di sorpresa i vertici dell’Asp. «La gente ha diritto di sapere come sono andate le cose? – continua Iudica – Giusto, ma non ha meno diritto di sapere se chi ne ha la responsabilità è una persona affidabile o meno. Quindi io aspetto con serenità».

Nei giorni scorsi la Procura di Enna ha aperto due inchieste: una riguarda la gestione dell’emergenza all’Oasi di Troina, struttura che non è di competenza dell’Azienda sanitaria provinciale. L’altra mira a fare luce sul trasferimento di alcuni pazienti dal reparto di Medicina dell’ospedale Umberto I di Enna al Chiello di Piazza Armerina per permettere l’allestimento nel primo del reparto dedicato ai pazienti Covid 19. Una di queste pazienti è successivamente morta per Covid. Secondo l’esposto presentato da alcuni operatori sanitari dell’ospedale di Piazza Armerina, i pazienti trasferiti non erano stati preventivamente sottoposti al tampone, esponendo personale e altri degenti al contagio. Fino a oggi a essere infettati sono stati quattro medici e cinque infermieri. Tutti dell’Umberto I di Enna. Una situazione che si poteva evitare?

Parlando con gli operatori dell’ospedale del capoluogo emergono alcune criticità nella gestione interna, soprattutto relative alla «commistione» tra percorsi e personale Covid e quelli definiti puliti, cioè non a contatto con positivi. «La scelta a monte di trasformare un ospedale importante, che è hub di primo livello, come l’Umberto I in centro Covid è stata sbagliata – denuncia un infermiere in prima linea – Per garantire il funzionamento c’è stata una transumanza di personale dai presidi della provincia verso quello di Enna. Chirurghi da Piazza Armerina, ad esempio, sono stati spostati nei reparti Covid di Enna per poi tornare a fare turno a Piazza l’indomani». Anche qui, come in gran parte degli ospedali siciliani, la situazione dei dispositivi di sicurezza è stata critica. «Nella prima fase – continua l’infermiere – mancavano protezioni adeguate. Pensi che alcuni colleghi lavano le tute in ospedale perché non ce ne sono. Qualcuno ha comprato quelle per imbianchini dai ferramenta». A preoccupare sono anche i tempi lunghi per i risultati dei tamponi, dovuti alla carenza di reagenti e alla mancanza di laboratori funzionali in provincia. «Tra il personale sanitario sono ancora centinaia ad aspettare e nel frattempo continuano a lavorare».

Eppure, a fronte di una voce critica, molti medici sentiti da MeridioNews considerano invece «inopportuna» la decisione della Regione. Non solo. Da più parti – sia in area sanitaria che politica – si è convinti che l’assessore Razza e il presidente Nello Musumeci «siano stati pressati dalla politica locale». Insomma, una richiesta in direzione del commissariamento sarebbe venuta «non tanto da dentro l’ospedale», ma piuttosto da fuori. E in particolare da alcuni sindaci, in prima fila quelli di Piazza Armerina e di Leonforte, entrambi politicamente vicini al governo regionale, scontenti del trattamento riservato agli ospedali di provincia da parte dell’Asp (in quello di Leonforte vengono inviati i positivi in attesa di guarigione).

«Mai avrei immaginato, da sindacalista, di ritrovarmi a difendere l’azienda – spiega Salvo Puglia, chirurgo del sindacato Cimo – Ma bisogna dare atto che, al netto di alcune criticità che abbiamo puntualmente denunciato in maniera costruttiva, l’azienda si è mossa bene. Ha creato un gruppo di lavoro che ogni giorno si riunisce in video, ha coinvolto tanti professionisti, ha creato percorsi separati tra Covid e No Covid, anche al pronto soccorso. Ricordiamoci che neanche Catania e Palermo hanno dovuto affrontare in proporzione i numeri che abbiamo avuto noi. Eppure adesso la situazione sta tornando alla normalità, i contagi non aumentano. Ci stavamo cominciando a preparare per la fase due. E invece arriva questa decisione che è figlia di una politica scellerata che non tiene conto delle reali problematiche».

Sulla scelta di fare dell’ospedale di Enna il centro Covid della provincia, difesa dall’Azienda come l’unica possibilità per capacità di strutture e personale, anche Puglia concorda: «Avere cento ricoverati in una volta è stata dura e noi abbiamo accolto pazienti da tutta la provincia e pure da fuori. Serviva l’impegno di tutto il personale dell’Asp. Anche perché all’inizio di questa emergenza medici ce n’erano pochissimi. Negli anni gli ospedali sono stati massacrati dai tagli». 

Il direttore generale Iudica incassa l’appoggio di buona parte dei sindacati e attende. «Sarei uno stolto nel dire che tutto è perfetto – precisa il numero uno dell’Asp – ma noi veniamo da un terremoto. Se dopo un sisma si cercano le aiuole curate e i semafori che funzionano, allora stiamo perdendo tempo».

Salvo Catalano

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