«La stanza di Lia era una prigione». Ma anche un luogo pieno di sogni, voglia di ribellione e di solitudine. La stanza di Lia è anche il titolo dell’ultimo spettacolo dei pupi antimafia di Angelo Sicilia che vedrà la luce il 23 settembre in occasione del 34esimo anniversario dell’omicidio di Lia Pipitone. «Una finta rapina – ripercorre Sicilia – messa in scena per eliminare una ragazza che non rispettava le regole imposte dal padre mafioso».
Sicilia in quella occasione riceverà il premio Lia Pipitone 2017 istituito dal Comune di Palermo, da Millecolori onlus, dall’Associazione Libera e dal Comitato ParteciPalermo, per la sezione impegno civile. «Abbiamo realizzato questo ultimo spettacolo – racconta il regista – perché è una storia alla quale teniamo molto. È conosciuta ma non ancora quanto dovrebbe. E dopo 34 anni Lia non è stata dichiarata vittima di mafia».
Il regista ricorda bene il giorno in cui la ragazza fu uccisa, il 23 settembre del 1983, «anche se quando è accaduto ero piccolo perché una parte della mia famiglia di origine è di quel quartiere Acquasanta-Arenella. Conosciamo i personaggi protagonisti di quella vicenda. Tutti sanno cosa è accaduto. Tutti sanno chi sono i colpevoli ma l’ordinamento giudiziario non riesce a fare chiarezza. Nei tre gradi di giudizio non è stato provato il legame diretto tra il padre e il suo assassinio».
Da qui nasce il desiderio di Sicilia di raccontare la storia di Lia, un modo per cercare di rendere giustizia alla sua memoria. «Ne La stanza di Lia c’è la grande forza di questa ragazza costretta a stare in una prigione, la sua stanza appunto, da cui poteva soltanto vedere attraverso la finestra e sognare di potere vivere come tutte le ragazze del suo tempo», racconta ancora il regista che aggiunge: «Lia era una ragazza coraggiosa che faceva scelte estreme come quella di fuggire da casa e di avere un bambino giovane o di andare a cercare altrove le proprie passioni e pulsioni culturali.Tutto nasce da questa sua solitudine, soprattutto nella prima parte della sua vita. Essendo figlia di un mafioso aveva il compito di stare a casa e fare figli con un marito scelto da suo padre».
Il regista si batte perché qualcosa possa cambiare: «Noi speriamo che anche grazie a questo piccolo e umile lavoro, con il processo riaperto, si possa dare un tassello in più per riconoscere Lia vittima di mafia e per riaffermare la verità. Questo dà il senso un po’ a quello che facciamo. Non è il semplice spettacolo dei pupi ma è l’Opera dei pupi che diventa teatro di impegno sociale e di denuncia». La commemorazione di Lia Pipitone sarà anche un’occasione per inaugurare una rete di centri antiviolenza a lei intitolata. Dopo un momento di riflessione con Davide Mattiello, che fa parte della Commissione antimafia, «presenteremo la prima opera di questo nuovo ciclo dei pupi antimafia».
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