Si riaccendono i riflettori sui pantani Gelsari e Lentini. Dopo l’esposto presentato lo scorso febbraio da Legambiente, stavolta è l’ambientalista Roberto De Pietro a rivolgersi alle Procure della Repubblica di Catania e Siracusa, facendo il punto sull’importanza delle due zone umide e accusando il Consorzio di bonifica 10 di Siracusa di prosciugarle «con modalità simili al passato, quando non ne era riconosciuta alcuna tutela». I due pantani, posti lungo la fascia costiera meridionale del Golfo di Catania, difatti «sono protetti da una Zona di Protezione Speciale per la presenza di specie e di habitat di interesse comunitario», e l’attività del consorzio, secondo quanto sostiene l’ambientalista, ha impatto negativo sull’avifauna soprattutto nei periodi di nidificazione. Questo perché l’ente aziona delle idrovore per sollevare le acque e scaricarle a mare, «allo scopo di abbassare il livello della falda rispetto alle quote che essa assumerebbe in modo naturale e ridurre così la capacità di ristagno delle acque nei pantani», spiega De Pietro.
Gli impianti sono stati realizzati alla fine degli anni ’40, per riscattare i terreni per l’agricoltura ed evitare che, dopo la bonifica, si allagassero. «Per tale motivo – racconta l’ambientalista – se ne accettavano gli elevati costi e non si valutava il danno ambientale ad essa associato. Allo stato attuale, tale scelta si dimostra superata, sia sotto l’aspetto ambientale sia sotto quello economico». Per l’uomo, i costi che ruotano attorno alla gestione e alla manutenzione delle idrovore, oltre a quelli per sostenere le attività agricole, «non sono compensati dai ricavi economici che si ottengono dai terreni».
Alla base dell’intervento del consorzio ci sarebbe la salvaguardia delle residenze estive e degli appezzamenti di terra confinanti con le zone umide. In particolare, nel margine nord-orientale del pantano Gelsari, si trova il villaggio Porto San Leonardo, composto da una novantina di abitazioni che ricadono in un’area classificata a rischio idrologico dal Piano di Assetto Idrogeologico della Regione Sicilia. Nell’esposto di De Pietro si tocca anche questo punto: «Tali pericoli e rischi non dipendono dall’eventuale innalzamento delle acque del pantano che mai potrebbero comportare pericoli o rischi per l’incolumità pubblica, bensì dalla presenza del fiume San Leonardo che, ove rompesse gli argini in forza di particolari eventi meteorici, costituirebbe un serio pericolo per gli insediamenti abitativi di questo villaggio e per l’incolumità dei loro abitanti». Circostanza che si è verificata lo scorso inverno in territorio di Lentini, causando notevoli danni agli agricoltori.
A non convincere l’ambientalista è il fatto che gli stessi villeggianti avrebbero chiesto, in questi anni, «l’attivazione delle idrovore del Consorzio a favore delle loro costruzioni» e l’ente non ha «mai fatto mistero di intervenire a loro favore». Effettivamente, è stato proprio l’ingegnere Mario Gaetano Cancaro, dirigente dell’area tecnica del consorzio di bonifica 10, ad ammettere lo scorso febbraio a MeridioNews che i residenti «godono dell’attività delle pompe» e che l’obiettivo è quello di «evitare rischi per persone e cose», oltre quello di salvaguardare gli interessi degli agricoltori mantenendo «un livello minimo di acqua dolce nei canali, per evitare la risalita dell’acqua salmastra che creerebbe danni alle coltivazioni».
De Pietro sottolinea poi che né la Regione Sicilia né altri enti hanno espresso il proprio parere. «La Regione – aggiunge – non ha preso posizione sull’incompatibilità tra il regime dei prelievi imposto dal Consorzio e la presenza della Zona di Protezione Speciale, né per quanto riguarda le attività del Consorzio, né per quanto riguarda quelle dei privati».
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