I graffiti della Grotta dell’Addaura inaccessibili da 20 anni «Preclusa ai turisti, ma profanata da incivili e da vandali»

Palermo, più precisamente Addaura, rinomata località balneare dal fascino selvaggio situata ai piedi di Monte Pellegrino, il promontorio che domina Palermo e che Goethe definì «il più bello del mondo». Chissà se lo scrittore tedesco fosse a conoscenza del tesoro che si nasconde in una delle grotte naturali ospitate sulla falesia settentrionale del monte a lui così caro, a circa 70 metri sul livello del mare. Correva l’anno 1943 quando, in piena seconda guerra mondiale, gli alleati avevano ricavato nelle grotte un deposito per armi e munizioni. Fu una detonazione accidentale a far crollare una porzione della parete della cavità e a portare alla luce dei preziosissimi graffiti rupestri risalenti al Paleolitico Superiore (tra i 20 mila e i 14 mila anni fa).

Si tratta di numerose incisioni scavate nella roccia da gruppi di cacciatori paleolitici che abitavano le grotte e raffiguranti animali (bovini, cervi, cavalli selvatici) e figure umane in scene collettive dall’enigmatica interpretazione. Il rinvenimento dei graffiti ebbe una rilevanza scientifica internazionale poiché si tratta di un caso unico nel panorama dell’arte parietale preistorica. Le immagini, infatti, sono raffigurate con forme e posizioni ancora del tutto indecifrabili dagli studiosi che hanno avanzato diverse teorie (danzatori e acrobati impegnati in giochi di gruppo, cerimonie sacrificali, riti d’iniziazione). In ogni caso, si tratta della prima testimonianza di rappresentazione di scene collettive nella preistoria e quindi dell’esistenza dell’identità di un gruppo. Le cavità erano già state oggetto di ricerche fin dalla seconda metà dell’800, quando il professore G. Gemmellaro rinvenne reperti dall’inestimabile valore paleontologico (come i resti degli elefanti nani che abitarono l’isola siciliana nel paleolitico).

Fin qui potrebbe essere la descrizione di uno dei numerosi siti archeologici, fiori all’occhiello di una Sicilia che storicamente ha ospitato i più antichi e vivaci impulsi di arte e cultura. Potrebbe, appunto. Invece è solo l’ennesima storia triste di una regione che non sa valorizzare e custodire i propri immensi patrimoni. Sì, perché le grotte dell’Addaura sito archeologico non lo sono affatto (e chissà se lo diventeranno mai!) dal momento che sono inaccessibili ormai da numerosi anni. A causa, infatti, della pericolosa instabilità del costone roccioso di Monte Pellegrino, dal 1997 tutta l’area nei pressi delle grotte è stata preclusa al turismo in attesa dei lavori di messa in sicurezza che, però, non sono mai stati eseguiti. Ma poiché oltre al danno non manca mai la beffa, se da un lato il sito non è fruibile al pubblico, lo è stato invece per svariati anni a vandali e incivili, prima della chiusura degli accessi. 

A causa di una totale assenza di controlli e di adeguate misure di tutela, infatti, la grotta è diventata oggetto di vergognosi atti vandalici: scritte con bombolette spray e rifiuti abbandonati sono diventate le cornici di quello che potrebbe essere, invece, un sito archeologico di tutto rispetto. Invece, così come molte altre bellezze di cui la Sicilia è ricca, spesso a insaputa di coloro che la abitano e che l’amministrano, le Grotte dell’Addaura e i suoi tesori restano un patrimonio sigillato ormai da ben 17 anni. E a noi non resta altro che guardarle da lontano e sperare che, prima o poi, le autorità regionali prendano coscienza dell’enorme potenzialità di un’attrazione che, in qualsiasi altro posto del mondo sarebbe fonte di guadagno e lavoro. Due esempi fra tutti sono le grotte di Altamira in Spagna e le grotte di Lascaux nella Francia meridionale che conservano resti di arte parietale rupestre paragonabili a quelli dell’Addaura. Entrambi i siti appartengono alla World Heritage List del Patrimonio Unesco e, inutile dirlo, attraggono ogni anno enormi flussi di visitatori. 

Michela Costa

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