I fantasmi di Catania

STASERA ANTEPRIMA AL CINEMA KING DEL FILM PREMIATO A TORINO “I FANTASMI DI SAN BERILLO”. INTERVISTA AL REGISTA EDOARDO MORABITO

 

di Gabriele Bonafede

Vincitore al Festival di Torino nella sezione Italiana.doc, il film-documentario “I Fantasmi di San Berillo” sarà proiettato al Cinema King di Catania oggi alle 21.30. Ideato, diretto e prodotto dal giovane regista catanese Edoardo Morabito insieme a Irma Vecchio, il film è stato proiettato a Dicembre al Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo raccogliendo consensi di critica e di pubblico anche in questa occasione .

Edoardo Morabito

Dal trailer succulento, visibile all’indirizzo http://www.lemurfilms.it/ifantasmidisanberillo/trailer “I Fantasmi di San Berillo” è così presentato dallo stesso autore: “San Berillo è un luogo della fantasia: un non luogo nella realtà irrappresentabile; e i suoi fantasmi ci sognano, a noi che siamo gli spettatori-attori ad occhi chiusi di un dramma in atto unico: il vuoto, l’oblio, l’incessante ripetersi del tutto che non ha mai una forma definitiva, ma vive in queste storie che tracciano, dolorose e ironiche, una continuità tra passato idealizzato e un presente da ristrutturare”.

Edoardo Morabito, nato a Catania nel 1979, nel 2003 si trasferisce a Roma per frequentare il corso di montaggio presso il CSC di Roma. Lavora come montatore di fiction e documentari. Ha montato tra gli altri il documentario “Io Sono Tony Scott” di Franco Maresco, presentato al Festival Internazionale del Film di Locarno nel 2010; e il documentario “Andata e Ritorno” di Donatella Finocchiaro, selezionato alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2010 riceve una menzione speciale al Premio Solinas Documentari per il progetto “I Fantasmi di San Berillo”, il suo esordio alla regia portato a termine nel 2013.

Lo abbiamo raggiunto per sondare meglio le tematiche del suo film, a nostro avviso urbanistiche e storiche oltre che sociali.

Perché San Berillo? Che, lo diciamo per chi non lo conosce, è un quartiere particolare di Catania “sventrato” e violentato per due volte nel corso delle ultime due generazioni.

San Berillo contiene tutto un insieme di storie che raccontano benissimo il Novecento e la trasformazione della città. E quindi può raccontare quello che siamo diventati e quello che eravamo. È un contenitore di storie che racchiude quello che mi ha sempre interessato di più: da un lato la riflessione sulla memoria, la storia non esiste e la memoria non si può raccontare se non attraverso schegge impazzite di questo organismo vivente che  è la memoria in cui confluiamo. Dall’atro lato le storie degli ultimi e del sottosuolo. E in qualche modo è una storia epica. A San Berillo c’è l’eterna denigrazione degli ultimi: prima i trentamila deportati nel 1958, e poi le prostitute “cacciate” nel 2001. È un quartiere che si trova a Catania, ma è una storia che è accaduta in tante altre città, sta accadendo in Cina, accade dappertutto.

Quindi un rimando a qualsiasi città e una Catania dai mille volti, dai mille fantasmi. Cosa ci racconti su questo piano? È un film che in definitiva parla anche di urbanistica, di un’urbanistica che fa errori…

I fantasmi di San Berillo siamo anche noi, città del meridione in cui abbiamo perso il contatto con la nostra storia, in cui consumiamo come delle bestie alcool e cibo ma siamo lontani, ignari di tutto quello che accade nel mondo.  Ho studiato al CSC di Roma e non conosco architettura e urbanistica quale esperto del settore. Però è evidente a tutti che la storia dell’architettura e dell’urbanistica è anche storia del potere. Ho dunque studiato su “testi costruiti” nel concreto, dove ho potuto fare una ricerca “da archeologo”: l’evento che ho voluto descrivere è stato anche l’evento della rimozione di questa storia.  San Berillo era anche un quartiere di artigiani e lo sventramento degli anni ’50 è stato rimosso. È stata un’operazione di tale violenza da alienare il senso di realtà di chi ci vive in città e anche di problemi legati all’identità sociale, urbanistica, individuale.

Ci sono contenuti politici?

Tutto è politica, ma ci si deve riappropriare dei concetti di base della cultura e della vita.

Cioè?   

Se tu mi parli di politica con un linguaggio che è desueto, è distante da quello che è la vita di tutti i giorni. Invece,  quello che rimarrà vicino alla vita reale è un linguaggio che parla con la pancia e con l’intelletto, ma anche attraverso il filtro dell’arte e della cultura. In cui tutto quello che diciamo è metaforico ma è anche concreto, fortemente concreto. Perché la realtà, e quindi anche il buon cinema, si esprime a diversi livelli. Da un lato c’è un film che ha diversi piani di comprensione, l’importante è che le diverse interpretazioni ci siano. Dall’altro c’è la sperimentazione che completa il tutto. Credo che oggi nel cinema si è dimenticato che la sperimentazione linguistica può e deve coesistere con una centralità della narrazione, ovvero “la storia”, che è l’unica cosa che ha importanza, dai primi graffiti della storia dei primitivi a oggi. Oggi ci sono molti film d’autore, ma che risultano anche noiosi perché fondamentalmente hanno perso la centralità della storia nella loro narrazione. Oppure ci sono film commerciali, con al centro la storia senza linguaggio. Il film più bello che ho visto in questi anni è “Una separazione” dell’iraniano Asghar Farhadi (ha vinto l’oscar due anni fa per chi non lo sapesse). È  un film dove i vari livelli di narrazione coesistono a compimento perfetto della storia.

Com’è stato realizzato il film, quale sostegno ha ricevuto?

Ho iniziato da solo, con la mia casa di produzione “Lemur Films” e dopo ho avuto  l’aiuto della Sicilian Film Commission.  Purtroppo l’amministrazione comunale ha ignorato produzione e postproduzione per molto tempo. Però,  durante il festival di Torino mi hanno scritto tanti catanesi che vivono fuori, gente che si ricordava, spesso sessantenni e questo è stato l’abbraccio più felice con la Catania reale.

La scelta dei personaggi?

Ci sono “Holly”, e cinque-sei personaggi emblematici: i fantasmi di ieri e fantasmi di oggi tra i quali Goliarda Sapienza, morta in miseria, grande scrittrice, che ha abitato il quartiere fin dai 16 anni. Ci sono soprattutto “I deportati” come Goliarda Sapienza, c’è il potere con la sua retorica, c’è Vitaliano Brancati, Calvino, un estratto del Bell’Antonio,  e immagini anche di repertorio.

Quale futuro per San Berillo?

Mi piacerebbe pensare che venisse ristrutturato così come è.

Ci sono progetti?

Temo che per la gran parte verranno fatti alberghi. Per quanto riguarda “San Berillo Nuovo” è stato teatro di guerre di mafia negli anni ’80, con la prima generazione di “deportati”. Un quartiere da rifare che avrebbe bisogno di un’amministrazione, comunale, regionale, nazionale, capace.

Cosa ti aspetti da questa esperienza? Parti da un documentario, che è di successo, e verso dove vai?

Progetti: tanti. Si deve scegliere.

Grazie e auguri da LinkSicilia.

Nell’anteprima di stasera a Catania sarà presente Edoardo Morabito insieme a Donatella Finocchiaro, voce narrante del film in cui interpreta il fantasma della scrittrice Goliarda Sapienza, e Irma Vecchio, d.o.p. e co-sceneggiatrice.

Gabriele Bonafede

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