I 758 dipendenti del Cefop hanno o no il diritto di finire al Ciapi di Priolo?

SU QUESTO PUNTO IL GOVERNO REGIONALE E, SOPRATTUTTO, LA DOTTORESSA CORSELLO DOVREBBERO ESSERE CHIARI. PER TROVARE, IN CASO DI PROBLEMI, SOLUZIONI ALTERNATIVE IN TEMPI BREVISSIMI

I dipendenti del Cefop potrebbero pagare per primi, con la perdita del posto di lavoro, l’incapacità del Governo regionale di trovare soluzioni percorribili per la salvaguardia dei livelli occupazionali nel settore della Formazione professionale. Su questo punto della “telenovela Cefop” è opportuno che si faccia chiarezza prima possibile, i lavoratori non possono continuare a vivere in agonia e pagare errori gestionali prima e scelte politico-amministrative sbagliate dopo. Sul futuro lavorativo si gioca la vera partita, quella più importante. E non sono ammesse bugie, ma soluzioni.

La vicenda riguarda sia i quattrocentootto lavoratori licenziati in fase di trattativa per la vendita dell’ente formativo, sia i circa trecentocinquanta dipendenti già licenziati alla fine del 2012. Questi lavoratori potrebbero non avere i requisiti per l’accesso, attraverso il progetto Prometeo, al Ciapi di Priolo.

Questo secondo indiscrezioni raccolte che porterebbero il ragionamento al particolare status giuridico del Cefop che implicherebbe l’impossibilità, per i lavoratori di tale ente, ad accedere al Ciapi di Priolo. L’obiettivo del nostro giornale, chiariamolo, non è sollevare un vespaio per gettare, ancora di più, nel panico i lavoratori, ma l’esatto contrario: ovvero contribuire a fare chiarezza sulla vicenda, perché i dipendenti del Cefop hanno eguale diritto ad essere ricollocati per riprendere a lavorare, anche altrove.

Questo problema, finora solo sussurrato, spiegherebbe i tentennamenti del dirigente generale del dipartimento Formazione professionale, Anna Rosa Corsello, sulla possibile soluzione per gli oltre 700 dipendenti del Cefop. Soluzione che appare dietro l’angolo ogni santo giorno, ma che non decolla, lasciando tutto e tutti per aria. Difficoltà che per il dirigente generale al ramo aumenterebbe in virtù del fatto che già da tempo ha dato ampie rassicurazioni a politici, famiglie di lavoratori per un ricollocamento lavorativo certo dei circa settecentocinquantotto dipendenti del Cefop.

Cosa che noi auspichiamo, anche se permangono perplessità sul presupposto e sulla modalità. Qual è il vero motivo che avrebbe rallentato il trasferimento al Ciapi di Priolo dei lavoratori?

Secondo quanto emergerebbe dalle citate indiscrezioni, il Cefop potrebbe essere considerata un’azienda privata e non un’associazione senza finalità di lucro. La questione non è di poco conto, perché proprio tale delimitazione del campo giuridico ha portato l’Ente ad essere sottoposto alla disciplina del decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270.

Ricordiamo, brevemente, quanto previsto dal decreto richiamato all’articolo 1.

“L’amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali”.

Ed in tema di requisiti di accesso alla procedura concorsuale, richiamiamo, di seguito, il disposto contenuto nell’articolo 2.

“Possono essere ammesse all’amministrazione straordinaria, alle condizioni e nelle forme previste dal presente decreto, le imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sul fallimento che hanno congiuntamente i seguenti requisiti: un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno, debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell’attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’ultimo esercizio”.

Allora se il Cefop è stato ammesso alla gestione commissariale in quanto considerata giuridicamente azienda privata come la Fiat o Grande Migliore, si dovrebbe dedurre che così come andrebbero al Ciapi i licenziati dal Cefop, anche i licenziati della Fiat di Termini Imerese o di Grande Migliore a Palermo potrebbero accedere al Ciapi per essere ricollocati.

Non proviamo alcun piacere a ragionare in questi termini e non ci piace amplificare lo stato di disagio di centinaia di dipendenti del Cefop. Riteniamo invece che la verità su come realmente stanno le cose possa aiutare ad accorciare i tempi dell’agonia e definire un vero e concreto percorso per il salvataggio dei dipendenti del citato ente formativo.

Semmai, ciò che ci preme rimarcare è l’atteggiamento della dottoressa Corsello che non dice tutta quanta la verità sulla vicenda del passaggio al Ciapi dei lavoratori del Cefop. Stanarla può contribuire ad accelerare la soluzione che gli oltre settecentocinquantotto dipendenti attendono da troppo tempo.

La linea politica attuata dalla giovane assessore alla Formazione, Nelli Scilabra, è stata debole e scarsamente incisiva sul piano dell’emergenza sociale. Per non parlare della dottoressa Corsello, super esperto del settore, ma poco avvezza a trovare soluzioni percorribili e giuridicamente inattaccabili. Presto potrebbero esplodere altri scandali sull’utilizzo delle risorse comunitarie e questa volta non sarà il settore della Formazione professionale sotto i riflettori, ma altri ambiti dell’amministrazione regionale.

Questo esecutivo regionale ha avuto il torto di non credere fino in fondo nella legalità a tutto tondo, ma ha voluto solamente puntare l’attenzione mediatica sulla Formazione professionale nell’intento, e qui la politica c’entra eccome!, di scardinare il sistema e gli equilibri preesistenti, fatti di convivenza di politici, burocrati, amministratori, faccendieri di piccolo cabotaggio, con un nuovo modello fondato sull’’associazionismo datoriale, oramai anacronistico e consociativo, per celare interessi di nuove leve politiche e di una moderna classe burocratica e di amministratori locali, pronti all’uso per cambiare tutto senza cambiare nulla. Non dimentichiamo, la Sicilia è la terra dei gattopardi!

Giuseppe Messina

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