Hanna Schygulla, “sciantosa di varietà, sulla riva del Nulla”

Capita di rado di imbattersi in personaggi che, quasi di soppiatto, escono lentamente dal mondo reale e entrano nel mito anche quando (o, forse, soprattutto quando) al mito sembrano non voler essere ascritti; divi, sì, e dunque insofferenti quando si decide di relegarli nella staticità di un ruolo. Esseri che diventano icone intramontabili non solo per il valore indiscutibile di ciò che hanno fatto (di Hanna Schygulla si potrebbe riassumere la filmografia anche citando soltanto il nome di Fassbinder; ma che dire, ad esempio, del fatto che tra le sue interpretazioni, in una pellicola di Amos Gitai, c’è anche il Golem, la creatura d’argilla, lo spirito dell’esilio che aiuta esuli e vagabondi?) ma anche perché incarnano una sorta di immaginario collettivo e diventano metafore di un inattingibile sebbene si siano spesso “limitate” a dar volto e voce alla quotidianità di oggi o, all’occorrenza, di ieri ma solo per retrodatare lacerazioni e dissidi odierni. Icone inalterate, quindi, di un altrove metafisico che è una sorta di luogo dell’anima nel quale ciascuno può rifugiarsi e “fingersi nel pensiero”.

Così, tra le tante donne rivissute nel volto e nei gesti della “Hanna dei tuoi sogni”, tra le donne di Gitai e di Branagh, di Sandor e di Kollek, di Ferreri e di Saura, di Godard e di Scola, a molti resterà impressa nella memoria l’ex prostituta Mitzi di Miss Arizona che – quasi come la tenera e ridicola Marylin che canta That Old Black Magic in Fermata d’autobus – si sottopone, forse senza crederci davvero, ad un ridicolo provino come cantante in un teatrino di provincia. Per altri la Schygulla è l’indimenticabile Maria Braun, la sposa di un solo giorno e di una sola notte, sullo scenario perturbante del Secondo Conflitto Mondiale. O ancora, nei due film firmati nel 1980 da Rainer Werner Fassbinder, è Eva di Berlin Alexanderplatz e Wilkie Bunterberg in Lili Marleen il criticato film che non è semplicemente un libero adattamento della vicenda biografica di Lale Andersen ma, addirittura, un vero e proprio inno alle molte doti di Hanna Schygulla

Emanuela E. Abbadessa

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