«Sono 15 anni che da Catania non viene fuori un attore o un artista di rilievo. È una cosa grave, qualche domanda me la porrei». Guglielmo Ferro – regista teatrale, figlio del grande attore Turi – guarda la sua Catania da lontano. Da anni vive a Roma e la sua casa è il teatro Quirino. I problemi che dal punto di vista culturale la sua città natale vive provengono, secondo lui, da una mancanza di fiducia nei giovani. «Bisognerebbe seriamente fare un passo indietro e guardare a loro, capire le loro idee». Molto dipende da quanto ha da offrire l’ambiente che li circonda. «Mi ricordo della primavera di Bianco, quando da qui passavano i più grandi artisti del mondo – racconta – Mi sono nutrito di quella primavera, ci sono cresciuto. I ragazzi, oggi, di cosa si nutrono?».
La scusa non può essere ricondotta alla diminuzione dei finanziamenti per gli enti. «I fondi che hanno Stabile e Bellini sono milioni di volte di più di quelli che rappresentano la base della cultura catanese – afferma il regista – Per il resto, la cultura catanese ha budget zero». E sulle difficoltà denunciate dai due teatri catanesi «non credo che le loro problematiche siano finanziarie, perché altrimenti gli altri si dovrebbero suicidare. Avremmo una schiera di idraulici». Meglio ripensare seriamente al sistema: «Personalmente sono per il definanziamento degli enti pubblici culturali. Non devono contare al 100 per cento sui soldi pubblici – chiarisce – mi piacerebbe che si confrontassero con il mercato». Far decidere, quindi, al giudice più importante: il pubblico. «Quando vedo tutti preoccupati per Stabile o Bellini, mi chiedo perché non si parli delle altre realtà che nella città vengono ignorate». E, aggiunge: «i teatri devono essere diretti da manager culturali, affiancati da consulenti del settore. Gli artisti li distruggono».
Guglielmo Ferro, poi, sgombra il campo da qualsiasi fraintendimento: nessun progetto di tornare alle falde dell’Etna con un ruolo di rilievo. «Nel passato mi sarebbe piaciuto – ammette – Avrei preferito essere utile alla mia città nel migliore dei modi, ma non è mio interesse cercare posti. Adesso la mia vita non è più a Catania». Respinge anche l’invito a farsi avanti dello scrittore Ottavio Cappellani, candidatosi polemicamente alla direzione del teatro Stabile. Decisione che, ha garantito Cappellani, ritirerebbe se Ferro dovesse cambiare idea. «Vorrei tranquillizzare tutti, non è mia intenzione rompere questo equilibrio che vedo piace a tutti – dice – Spero in futuro ci sia qualcuno che si faccia avanti con tanta voglia e forza di cambiare le cose».
E in attesa di questa figura? «Non ho un parere – sospira – La crisi economica che ha attraversato la città si è riversata sulla cultura. Ovviamente le motivazioni sono complesse e difficili, ma prima o poi bisognerà iniziare a risolvere i problemi che ha creato. E – sottolinea – mi sembra che Catania non stia nemmeno pensando a farlo». Lo spunto, ripete, può venire sempre dai più giovani. «Spero che il sindaco prenda la situazione in mano e dia loro più opportunità, gli amministratori hanno il dovere di far cambiare». Per una città nella quale «di base c’è un certo provincialismo» c’è molto da fare per recuperare terreno. «Il mondo culturale viaggia a velocità allucinanti».
[Foto di Jonathan Boeke]
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