Gug, l’artista poliedrico innamorato della sua Lentini La poesia, gli esuli comunisti e l’impegno per gli ultimi

«Papà riversava la sua passione per gli ultimi, per la giustizia sociale e per chi rimaneva indietro, sia nelle sue numerose opere, sia in manifestazioni come il ricordo della rivolta della Vaddara, a Lentini». Il ricordo di Guglielmo Tocco – figura molto amata nel Comune siracusano e morto nel 2013 – passa dalle parole della figlia Simona. Musicisti di ogni parte della Sicilia, poeti lentinesi, venditori ambulanti africani: Guglielmo era un punto di riferimento per chiunque. Persino per i tanti cileni e greci che negli anni ’70 fuggivano dalle dittature e che in casa Tocco trovavano ospitalità, a cominciare dal giornalista e scrittore Fondas Ladis che scappava dai colonnelli ellenici. «Papà lo portava in giro per la Sicilia a raccontare la sua storia – spiega la figlia –. Poi lui tornò in Grecia e una volta lo incontrai proprio ad Atene, durante una visita al Museo Nazionale».

Poeta, regista, narratore, animatore culturale, erudito locale. Guglielmo Tocco era un artista poliedrico. Dipingeva, scriveva, si interessava anche all’archeologia. «Provava ad ingentilire la realtà, riusciva a far diventare belli i luoghi e rendeva preziosa la vita delle persone che incontrava», aggiunge Simona. Il compleanno di Guglielmo «capitava in un bel giorno, il 22 di maggio, e lui si inebriava con il profumo della zagara e con gli ultimi sambuchi in fiore, guardava le primizie dei capperi e sentiva in quel caldo incombente avvicinarsi la vita», evidenzia l’amico Tommaso Cimino.


Oggi avrebbe compiuto 70 anni, ne aveva 66 quando scomparve. «Ha sollevato il suo spirito – continua Cimino – come riusciva a sollevare quello di chi gli stava intorno». Intorno a Guglielmo c’erano Simona, i suoi cari, amici, conoscenti ma soprattutto Lidia Costanzo, la moglie, la complice di tante avventure. «Quando lo conobbi – racconta la donna a MeridioNews – credevo non avessimo nulla in comune. Eravamo entrambi molto impegnati nel sociale, le nostre strade si unirono nel 1968, dopo il terremoto del Belice: io avevo 17 anni, lui 20, organizzammo una raccolta di indumenti per i terremotati. Era la prima volta che collaboravamo insieme, poi ognuno di noi ebbe le proprie esperienze ma quella nata con Guglielmo era un’amicizia molto forte. Capimmo che ciò che ci univa non era una semplice simpatia: ci vedevamo ogni giorno dopo il liceo. Mi faceva ridere, mi faceva stare bene. La cosa era reciproca. Ci piacevamo, non c’erano dubbi, quindi ci fidanzammo». Così passano gli anni e gli eventi: il matrimonio, la nascita di Simona, la politica. «Il giorno delle nozze ricevemmo la prima tessera del partito comunista, allora la mandavano solo a quelli che venivano presentati dagli accreditati – aggiunge Lidia –. Noi avevamo fatto una scelta: dedicarci agli altri, ai più bisognosi, a quell’epoca i partiti si fondavano su dei valori».

Per la figlia, Guglielmo «era fondamentalmente un affabulatore, uno che analizzava la realtà e te la raccontava trasformata, come una meravigliosa favola, ma che grazie alla sua visione che poetizzava e mitizzava tutto, ti faceva cogliere la bellezza anche nel particolare più piccolo ed insignificante che casualmente ti passava davanti». Sono soprattutto quei modi a mancare a chi, con Guglielmo, Gug per i più intimi, ha condiviso tanti momenti. Come lo stesso Tommaso Cimino, che lo ha conosciuto quando aveva 18 anni: «Ero all’ultimo anno di liceo e un mattino di primavera passò per le classi distribuendo una copia del primo volume del San Valentino in poesia, una delle tante manifestazioni da lui ideate. Quando entrò, bussando sonoramente alla porta dell’aula, fu accolto da un caloroso saluto del mio insegnante di Filosofia, che lo conosceva da tempo; poi, con il suo grande sorriso, chiese: “Chi è il poeta della classe?”, ed i miei compagni risposero unanimi indicandomi. Lui sorrise ancora, si complimentò scherzosamente con me, e mi fece quel dono che mi avrebbe cambiato la vita».

La cultura come elemento di riscatto. Con questa convinzione Tocco diede vita a numerose iniziative letterarie, dalle bacheche in piazza con i messaggi dei cittadini, alle danze improvvisate con gli amici tunisini, dal progetto Libriamoci – per invogliare le nuove generazioni alla lettura – a Luoghi gentili, con la creazione di pannelli in ceramica decorata sui quali venivano scritte delle poesie, poi affissi sui muri delle città di Lentini, Carlentini, Vizzini, Scordia e persino Trappeto, nel Palermitano, in onore di Danilo Dolci. Fra le sue ultime iniziative, la battaglia per dedicare la Camera del Lavoro di Lentini a Placido Rizzotto e l’adozione della Chiesa rupestre di San Giuseppe Giusto fra Lentini e Carlentini, quella che, rivela Lidia, Guglielmo voleva trasformare in «una delle sette meraviglie di Lentini». La città che amava «a prescindere» e che, secondo Cimino, «dovrebbe forse ricordarlo per l’esempio strenuo di cercare nella sua stessa storia, nelle sue radici, il motivo per essere orgogliosa e fiera, e da ciò positivamente rinascere».

Danilo Daquino

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