«Guasti alla macchina per intercettare? Rarissimi» E i motivi tecnici per cui non si registrò Scarantino?

«Problemi col traslatore? Di solito no, rarissimamente la macchina si guastava. Era una cosa davvero molto molto rara che un traslatore si guastasse. Non saprei comunque indicare una possibile causa. A me, sulla base della mia esperienza, credo sia capitato solo una volta da quando sono in servizio». A parlare è Piero Gangi, oggi al centro operativo della Dia di Caltanissetta, in passato in servizio alla mobile di Enna per 17 anni. Chiamato dall’accusa al processo a carico degli ex funzionari del gruppo Falcone-Borsellino Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo accusati di calunnia aggravata, spiega in aula il funzionamento della Rt 2000, la macchina per le intercettazioni usata all’epoca anche per registrare le conversazioni di Vincenzo Scarantino, mentre era in località protetta. «Tutto iniziava intanto con la consegna di un traslatore a un funzionario della Telecom, che doveva collocarlo nell’apposita cabina, in base a dove si trovava l’utenza da intercettare».

«Il nastro che girava con l’hoover, un altro apparecchio, era quello che poi andava in procura. Mentre nell’Rt 2000, fornito di quattro piste, c’erano i nastri utilizzati dall’operatore, dalla polizia, per fare il riascolto delle conversazioni – prosegue il teste -. Nel registratore della procura le bobine venivano girate di lato, la stessa bobina aveva quindi lato A e lato B, mentre nel registratore della polizia la bobina a fine corsa veniva cambiata completamente. Quindi i nastri prodotti in questo caso erano il doppio di quelli che poi finivano all’autorità giudiziaria. I contenuti in astratto dovrebbero comunque essere uguali per entrambi i macchinari, nella pratica no, perché se dimentico di premere “start” e “record” la registrazione avviene solo nel nastro dell’autorità giudiziaria. L’Rt 2000 non emette nulla, né scontrino né altro. Se durante il riascolto di una conversazione arrivava un’altra chiamata in entrata o in uscita, automaticamente la conversazione veniva instradata nella pista due, ma io dovevo subito schiacciare i due tasti “start” e “record”. La conversazione comunque – precisa – veniva sempre registrata nella bobina che poi sarebbe andata alla procura». La macchina registrava l’orario e il tempo della conversazione, i giri, il numero del progressivo e il numero telefonico composto. Non aveva data, il giorno non veniva indicato.

«Se di notte l’operatore si allontanava, la mattina dopo doveva fare il riascolto, riavvolgendo il nastro indietro. A inizio intercettazione l’apparecchiatura andava programmata con degli appositi tasti, appariva “inizio servizio traslatore” e sul display comparivano data e ora, una sorta di settaggio della macchina prima di cominciare il servizio – spiega ancora -, questo veniva annotato nello scontrino emesso all’inizio. Solo in casi di mancanza di energia elettrica o mancanza di linea, cioè che non funzionava il telefono, si doveva manualmente resettare la macchina. C’era un piccolissimo gruppo di continuità, ma non aveva una grande durata, parliamo di poche ore, e non funzionava molto bene, non era affidabile. In ogni caso l’apparecchio non si resettava mai da solo, nemmeno in mancanza di corrente, ci doveva sempre e comunque pensare manualmente l’operatore». Ma cosa accadeva, esattamente, in caso di guasto? «Bisognava sostituire proprio il traslatore, consegnandone un altro al tecnico Sip, che lo avrebbe nuovamente installato nella cabina. Non era la polizia che faceva questo tipo di attività. Poi bisognava riprogrammare da zero la nuova macchina».

E le conversazioni avvenute eventualmente durante tutto quel tempo, tra guasto, sostituzione e installazione della nuova macchina? «Si perdevano». Il funzionario, tra l’altro, ammette di non ricordare alcun malfunzionamento durante i tanti servizi svolti nella sua carriera: «No, guasti tecnici e simili…no, proprio no. Poteva succedere che magari la cinghia non si tirava bene i nastri, per carità, ma in questo caso bisognava cambiare la macchina, prenderne una nuova e poi ricollegare tutto. Non sono un tecnico – dice poi, rispondendo anche alle sollecitazione dell’avvocato difensore Panepinto -, quello che sto dicendo si basa sulla mia esperienza diretta. Ho utilizzato questa apparecchiatura dagli anni ’90 fino al ’96-’97. Ho fatto migliaia di intercettazioni». Gli basta per poter dire che se, ad esempio, si stacca la spina, la macchina smetterebbe di registrare, «ma chiaramente non è la stessa cosa di un guasto». Ma è possibile oggi accertare se un malfunzionamento del macchinario sia dovuto dalla mancanza della linea telefonica, da un guasto tecnico o perché qualcuno ha staccato la spina? 

«Se ho staccato la spina non ho nulla di registrato e la macchina deve essere resettata per ripartire. Se io metto in pausa oppure disattivo i due tasti, “start” e “reset”, e li metto tutti in linea, se arriva una telefonata in entrata o uscita lo scontrino comunque registra sul nastro ag, quello destinato all’autorità giudiziaria, non ci saranno i giri della bobina, ma ci saranno comunque il tempo della telefonata e il numero chiamato. Se anche l’altra apparecchiatura è in pausa, non si registra nulla, i nastri rimangono fermi, il tempo della conversazione viene però segnato. E se manca la linea non c’è conversazione», spiega ancora. Ma è possibile, insomma, capire il motivo per cui non avviene una precisa registrazione? «No», risponde secco il teste. Sembra, insomma, che non sia possibile accertare oggi la veridicità delle numerose diciture scritte sui brogliacci delle intercettazioni di Scarantino, registrate tra il 22 dicembre ’94 e il 9 luglio ’95: «Problemi di traslatore», «mancanza di linea», «motivi tecnici» o «guasto tecnico», «mancanza di energia elettrica», queste le diciture usate all’epoca. «Se la conversazione andava oltre la durata dei nastri l’operatore aveva l’obbligo di annotarlo nel brogliaccio – torna a dire il teste -. Se non era presente l’operatore in quel momento, parte della conversazione andava perso. Ma in ogni caso doveva annotarlo, avrebbe trovato i nastri che giravano a vuoto, mentre lo scontrino avrebbe comunque riportato la durata della telefonata, ma non spiegava perché magari era durata tre ore ma ne aveva registrati cinque minuti».

«Se c’è un guasto alla linea, lo scontrino non segnala nulla – prosegue -. Si accendono solo delle lucine. Se non c’è linea comunque l’intercettato non può neanche telefonare, quindi non ci può essere alcuna conversazione. Se, per dire, dovesse cadere una penna sul nastro bloccandolo, lo scontrino annoterebbe il tempo della conversazione, che nel frattempo va avanti, mentre i giri della bobina sarebbero bloccati, quindi non corrisponderebbero. Stesso discorso se qualcuno premesse il tasto “pausa”». Ma se la macchina si blocca, per un motivo x, può ripartire da sola? «Non lo so». Intanto, la difesa chiede adesso la possibilità di nominare un proprio perito per svolgere gli accertamenti tecnici sul funzionamento della Rt 2000 e le intercettazioni entrate a processo. Perizia che, secondo il pm Gabriele Paci, si ritiene necessaria soprattutto per le conversazioni tra Scarantino e i magistrati dell’epoca, Annamaria Palma e Carmelo Petralia (che sarà ascoltato a processo tra dieci giorni), oggi indagati per calunnia aggravata dalla procura di Messina. Oltre alle conversazioni fatte dalla moglie Rosalia Basile ai famigliari o quelle di Scarantino con Mario Bo, per chiarire se su quei nastri sia avvenuta o meno una qualche manomissione.

Dubbio sul quale sembrerebbe puntare la procura, che stamattina ha depositato una relazione della Dia di Caltanissetta in cui emergerebbero proprio delle discordanze tra i nastri rilasciati dalla macchina che registrava le telefonate di Scarantino e i brogliacci delle stesse conversazioni. Cinque, in particolare, le chiamate in cui ci sarebbero delle anomalie, delle discordanze tra quanto trascritto e quanto registrato. E che fanno ritenere alla procura che su quei nastri possano effettivamente esserci state delle interruzioni volontarie da parte di qualcuno delle registrazioni.

Silvia Buffa

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