Gravina, tombini rubati coperti con il legno «Paghiamo le tasse per strade pericolose»

«I tombini originali li hanno rubati. E allora, dopo le segnalazioni, sono comparsi questi sostituti di legno che vengono inchiodati all’asfalto. E dobbiamo pure essere contenti: ci sono tombini rubati che sono stati riparati con un tronco d’albero infilato dentro, in verticale». I cittadini di Gravina di Catania, 26mila abitanti alle porte del capoluogo etneo, sono abituati a vedere le strade comunali rattoppate con le tavole di legno. Che riempiono i buchi lasciati dalle coperture dei pozzetti, di ghisa, portate via. «Saranno almeno sette mesi che denuncio questa situazione indegna», afferma Enzo Di Natale, presidente dell’associazione Gravina social village.

«In via San Domenico Savio, in via Coviello all’angolo con via De Felice, poi dalle parti del cimitero». L’elenco completo è più lungo. «Io a Gravina ci vivo, la giro ogni giorno con il mio motorino. I tombini riparati così, oltre a non essere consoni, sono anche pericolosi». Nel suo racconto, i rattoppi di legno sarebbero stati permessi dall’amministrazione comunale: «Quelli di ghisa li rubano e non ci sono i soldi per metterne di nuovi – spiega l’uomo – Noi dell’associazione abbiamo proposto decine di volte che venissero sostituiti coi tombini di cemento, ma non siamo stati ascoltati. Meglio piantare chiodi nell’asfalto e usare il legno che si rovina in fretta?».

Di Natale e gli altri membri del Gravina social village, racconta lui, si sarebbero rivolti spesso all’ufficio per le relazioni con il pubblico del Comune. Senza successo. «Ogni volta che ho da fare una segnalazione, mi presento in Comune e faccio protocollare tutto. È l’unico strumento che abbiamo affinché l’amministrazione non possa dire “Non ne sapevamo niente”». Il risultato, fino a questo momento, sarebbe stato solo che il legno vecchio e ormai rovinato venisse «sostituito con travi nuove». «Paghiamo le tasse, eppure non riceviamo servizi. Cos’ha Gravina di diverso rispetto agli altri paesi vicini? Perché lì tutto funziona e noi dobbiamo accontentarci di strade rischiose? La scusa che non ci sono soldi è, appunto, una scusa. Noi vogliamo risposte concrete», conclude.

Luisa Santangelo

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