«Il corpo di mio figlio non è il mio corpo, sopprimerlo non è la mia scelta. #stopaborto». Un foglio bianco con la scritta nera e rossa tenuta da una bionda ragazza sorridente. È l’immagine comparsa su un cartellone pubblicitario dell’associazione Pro Vita e Famiglia nella zona di Gravina di Catania. Da ieri, il messaggio su quel cartellone è stato coperto e sostituito: «Sul mio corpo decido io».
Ad armarsi di vernice rossa per cambiare la scritta sono state diverse donne sotto il coordinamento del consultorio autogestito Mi cuerpo es mio. «Siamo stanche di dovere ancora ribadire, dopo anni di lotte e di leggi conquistate come la 194 (la norma per la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria di gravidanza, ndr) che solo noi abbiamo il diritto di decisione sul nostro corpo», commenta Virginia Intelisano.
Abortire non è più un reato da oltre quarant’anni (la legge 194 è entrata in vigore nel maggio del 1978) ma continua a essere considerata una colpa delle donne. E l’attuazione stessa delle norma è spesso difficile. «Siamo stanche e arrabbiate di ascoltare ancora la morale filo-cattolica e bacchettona di qualche ignorante», commentano le attiviste facendo notare come quel cartellone pubblicitario veicoli un messaggio che punta sulla «disumanità della pratica abortiva, dimenticandosi che l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia è stata confermata, ben 42 anni fa, da un referendum popolare. Non possiamo permetterci – concludono – di fare passi indietro».
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