Grassi, al bar Aurora colazione di consumo critico «Restare da soli significava piegarsi o chiudere»

«Loro non ti danno altra scelta. Ti pieghi al ricatto o scegli la legalità». Rosa Castelli ha scelto di stare dalla parte giusta. Oggi lo racconta con serenità, mentre la gente affolla il bar Aurora di via Buonriposo, che gestisce insieme al marito Antonino Giuliano, in occasione della colazione di consumo critico organizzata dal comitato Addiopizzo per il 26esimo anniversario dell’omicidio di Libero Grassi. «Questa attività esiste ormai da trent’anni – racconta Rosa a MeridioNews – Prima eravamo al civico 19, poi ci siamo spostati qui ad angolo, al 53. Abbiamo cominciato con un panificio, biscottificio e pasticceria: mio marito aveva degli orari pesanti, che hanno comportato non pochi sacrifici, si alzava alle quattro di notte, chi ha un’attività lo può capire. Fino a quando non si sono presentate delle persone che hanno cominciato subito a darci fastidio». È il 2004: «Volevano regolarizzato un conto che non esisteva, non aveva nessun significato per noi», insiste Rosa.

I due coniugi capiscano subito le intenzioni degli aguzzini, che da subito mostrano un atteggiamento aggressivo e prepotente. «Le loro richieste sono state subito chiare e anche molto esose, somme assurde. Richieste corredate soprattutto da una certa insistenza». Rifiutano, parlano con gli uomini sempre più di frequente in visita nel loro bar, spiegano che non aderiranno mai alle loro richieste. I malviventi, però, non si rassegnano, anzi. Tornano alla carica più aggressivi di prima e la coppia sopporta per anni. «Abbiamo subito rapine, minacce, intimidazioni violente: una volta ci hanno seguiti per strada, dove un motore ha affiancato la nostra auto e ha cominciato a prendere a calci la fiancata. Volevano metterci alle strette, sperando che cedessimo», continua Rosa, che riesce a raccontare tutto con estrema pacatezza. Marito e moglie comprendono che non possono fronteggiare tutto da soli, che per uscirne devono chiedere aiuto, parlare della loro situazione.

«Restare da soli avrebbe significato aderire, piegarsi a quel ricatto oppure prima o poi chiudere l’attività sulla quale avevamo basato le nostre vite». Decidono allora di rivolgersi al comitato di Addiopizzo, che li supporta insieme al contributo della Mobile di Palermo, che mette loro a disposizione una scorta. È il 2009, per cinque anni circa Rosa e Antonino hanno sopportato in silenzio, sperando che il loro diniego e la loro tenacia, prima o poi, sarebbero state motivo di resa da parte degli estorsori. «La nostra è stata una scelta di legalità che chiunque, in situazioni del genere, dovrebbe considerare come unica alternativa. La vita è già di per sé così difficile e piena di sacrifici – prosegue – Noi abbiamo anche dei figli, è nostro dovere dare loro il giusto esempio, è soprattutto per loro che siamo fieri della nostra scelta. Inutile però prendersi in giro: è molto difficile, è bene dirlo, le ansie e le paure ci sono sempre», dice la donna con franchezza.

Dopo la denuncia, gli aguzzini vengono individuati e arrestati. «Non so se sono ancora in galera, si sa che la giustizia fa le cose in modo più stretto possibile – dice Rosa – Da quel momento però non è accaduto più niente, mai. Un po’ di paura rimane. Ma abbiamo fatto la cosa giusta. Erano loro quelli dalla parte sbagliata, non saremmo arrivati fino a questo punto se non ci avessero pressato tanto, se non ci avessero addirittura minacciati in mezzo alla strada». La solidarietà da parte dei clienti è tanta, anche se qualcuno lascia intendere alla coppia un’idea diversa su come ci si sarebbe dovuti comportare. «C’è sempre chi ha una certa mentalità, qualcuno che continuerà ad averla sempre. Però siamo andati avanti con la nostra attività e le nostre scelte di legalità, il risultato c’è stato: siamo ancora qua. Il pensiero che spaventa di più, però, è quello di sentirsi troppo soli a volte. Se tutti la pensassero come noi, avremmo grandi risultati e nessuno si arrischierebbe più a entrare in un negozio a fare certe minacce – conclude – Mi spiace dirlo, ma c’è gente che ha pagato e continua a farlo».

Silvia Buffa

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