Governo Renzi, sempre la solita ‘nomenclatura’ tra amici & parenti

IN ITALIA LA MERITOCRAZIA CONTINUA AD ESSERE UNA CHIMERA

di Giuseppe Angelini

Nell’apprendere i nomi del “nuovo” Governo nazionale sembra che nulla sia cambiato, ma che, come al solito, siamo in presenza, in mancanza di una legge elettorale veramente “democratica”, della solita “nomenclatura”.

Quando si parla di “nomenclatura”, dobbiamo fare riferimento al sistema d’assegnazione delle cariche usato in Russia per controllare ogni aspetto della vita pubblica, sociale, amministrativa.

Il sistema, una lista di cariche e possibili candidati, assicurava che incarichi e promozioni fossero possibili solo con l’approvazione del partito. (a destra Matteo Renzi, foto tratta da giornalettismo.it) 

Per le cariche più importanti l’incarico al partito era chiaramente requisito indispensabile. Nominalmente meritocratica, in realtà la società era distorta da corruzione, opportunismo e nepotismo. Nonostante il crollo della Russia, molti dei dirigenti e amministratori della nomenclatura sono stati cooptati nel nuovo regime così come, nel lontano 1945, in Germania diversi burocrati furono riciclati.

Ci chiediamo: ma il nuovo avanza veramente, senza la solita trita e ritrita nomenclatura? Vorremmo che gli incarichi (ai vertici e non) siano assegnati secondo i meriti effettivi degli individui e non per “l’appartenenza a un gruppo o per le origini nobiliari”.

Temiamo, invece, che nulla sia cambiato, che vadano avanti gli amici o “gli amici degli amici”. Attenzione, non lasciamoci ingannare, alcuni “nuovi giovani” in realtà altro non sono che “l’emanazione” dei loro padri, o degli amici dei padri. Questi “nuovi giovani” sono il simbolo di un rinnovamento impossibile. Appare ormai chiaro che, forse, con una nuova legge elettorale si possa agognare a quel cambiamento “vero”, in politica sempre promesso ma mai mantenuto.

Ci piacerebbe che incarichi delicati siano assegnati in base alla propria storia professionale, ai propri studi, ai propri meriti insomma. Crediamo che ancora una volta si sia persa una buona occasione per dare ai cittadini, la pur minima speranza di credere in un avvenire migliore, che i sacrifici verranno “adeguatamente” ricompensati. Invece?

Invece ancora una volta c’è uno sconforto generalizzato, perché ci stanno togliendo nuovamente la possibilità di credere che le cose cambino. Come pensare altrimenti quando, per esempio, in un Paese dove la giustizia è “sotto assedio”, “sotto torchio”, dove le carceri scoppiano, dove i tempi della (in) giustizia sono lunghissimi, dove ci si fa troppo spesso “giustizia da sé” per la latitanza dello Stato, com’è riconosciuto trasversalmente da tutte le forze politiche, da tutti i cittadini, da tutti gli osservatori esteri, abbiamo un Ministro della Giustizia che è “diplomato al liceo scientifico”? Se fosse stato diplomato in ragioneria, sarebbe stato meglio, almeno lì il “diritto” è materia di studio.

Dispiace affermarlo, ma in una Regione come la Sicilia, dove tutti i mali che affliggono lo Stato sono rappresentati al meglio (disoccupazione, crisi economica, degrado urbanistico, scuola “a pezzi”, carceri “che scoppiano”, criminalità, corruzione, sperpero del denaro pubblico) all’indomani del “nuovo” governo torna, purtroppo, in mente Dante e il suo Inferno: “Lasciate ogni speranza voi …”.

 

Redazione

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