Gli scenari per i film diventano mete turistiche «Col Gattopardo Palermo tornò all’Ottocento»

Per convincere un riluttante Pietro Germi ad assegnargli il ruolo da protagonista di Divorzio all’Italiana, Marcello Mastroianni non esitò a indossare degli irresistibili baffetti. E sfornò un accento siculo che, al contrario di quelli forzati e ridicoli che si sentono in tante fiction attuali, risultò perfetto. Quel film, girato a Ispica e incentrato su un articolo del codice Rocco (il 587, che tutelava il delitto d’onore), diede il via al fortunatissimo filone della commedia all’italiana. È solo uno dei tantissimi aneddoti che legano il cinema e la Sicilia. E adesso è possibile riscoprirli, insieme ai luoghi e agli scenari di tante celebri pellicole, grazie all’associazione PlaySicily.

La proposta è quella di un percorso in cinque itinerari nel Palcoscenico Sicilia, imperdibili per i cinefili e per gli innamorati dell’Isola. Un tour nella provincia di Palermo alla scoperta dei set di pietre miliari del cinema italiano e internazionale, accompagnati dalla narrazione dello scrittore e giornalista Salvo Toscano, che insieme alle guide turistiche racconterà curiosità e aneddoti dei film, anche con il supporto di brevi video tratti dai film stessi per immergersi ancora di più nelle atmosfere cinematografiche.

L’esordio è stato il 29 aprile nel capoluogo siciliano. La prima tappa si è intitolata esterno giorno, prima. «Abbiamo avuto una cinquantina di adesioni – racconta l’organizzatrice Cinzia Orabona -. La passeggiata è cominciata davanti la Cattedrale, proseguendo per il Cassaro Alto tra piazza Bellini e piazza Pretoria. Questi sono i luoghi ad esempio dove è stato girato Palermo Shooting, del famoso regista tedesco Wim Wenders». Ma come è venuta in mente l’idea di coniugare la passione per la settima arte con la possibilità di un itinerario turistico? «Anche per noi è la prima volta, anche per noi si tratta di un tour assolutamente inedito – spiega ancora Orabona. L’idea è venuta a Salvo Toscano, che è un grandissimo cinefilo, e noi l’abbiamo sposata ben volentieri. E devo dire che l’idea è stata accolta con grande partecipazione dagli stessi palermitani». 

Prima che arrivasse la più recente ondata di registi e attori palermitani (da Pif a Ficarra e Picone), la città era contrassegnata dal fatto che qualunque regista arrivasse si innamorasse perdutamente dei luoghi. È il caso ad esempio di Roberta Torre, che alla Vucciria girò 20 anni fa il cult Tano da morire, o dello stesso Wenders prima citato (che forse, proprio a causa del trasporto verso Palermo, qui girò uno dei suoi film meno riusciti). E poi ci sono i colossi, nel senso di produzioni importanti e dai nomi noti a livello mondiale: Il Gattopardo di Luchino Visconti, girato nel 1963, e il Padrino Parte Terza  – e per Francis Ford Coppola vale lo stesso discorso di Wenders, anche se la scena finale girata sulla scalinata del Teatro Massimo riscatta in parte il più infelice capitolo della trilogia sulla famiglia Corleone. 

Le storie insomma si susseguono e spesso si intrecciano, come hanno appurato gli stessi curiosi che hanno partecipato all’itinerario cittadino del 29 aprile. «È una cosa che a Palermo abbiamo visto facendo un giretto tra i luoghi del Gattopardo – racconta Salvo Toscano – dove furono girate le scene degli esterni e delle battaglie coi garibaldini o la fucilazione dei picciotti palermitani, un episodio storico realmente avvenuto. In quel caso la città fu ritrasformata e portata indietro di 100 anni». D’altra parte che Visconti fosse un perfezionista è vicenda nota, almeno per gli appassionati di cinema. «Figurarsi che a Palazzo Ganci, dove fu girata la scena del valzer, il regista voleva che la scena fosse illuminata con le candele. Solo che la cera col tempo si scioglieva, dunque bisognava spesso interrompere le riprese e sostituire le candele. Oppure, sempre per la scena del valzer, Visconti voleva guanti sempre bianchi. Ma anche qui, a causa del sudore e dei tempi lunghi per le riprese, capitava che non fossero sempre così lindi. Allora a ogni scena, fuori dal set c’erano 50 lavandaie che provvedevano a lavare immediatamente lo sporco».

La prossima tappa, domenica 13 maggio, sarà poi incentrata sul paesino di Ciminna. Dove furono girati soprattutto gli esterni de Il Gattopardo, e fu ricostruita la Donnafugata che lo scrittore Tomasi di Lampedusa aveva così ben descritto. «Anche lì venne fatto un lavoro pazzesco – dice Toscano – perchè l’originale castello del ragusano non convinse il regista, e poi i luoghi descritti erano in realtà quelli di Palma di Montechiaro. Ma Visconti poi si innamorò di Ciminna, e per realizzare i suoi propositi  fece innalzare una sontuosa facciata e rifare la pavimentazione stradale». In questa tappa è prevista la partenza da Palermo alle 08 e 30 in pullman, col rientro previsto alle 16 e 30. «Vedremo la chiesa madre del Tedeum – dice Orabona -, la chiesa di san francesco, che è bellissima, e la mostra fotografica (circa 350 scatti) che raccontano la vita del set di oltre 50 anni fa. A seguire ci sarà il pranzo in un locale tipico, il Frangipane, dove sarà dato spazio ai prodotti tipici locali». 

Gli altri appuntamenti saranno poi il 26 maggio, di nuovo a Palermo («un solo giorno non può bastare» sorride l’organizzatrice di PlaySicily), e il 10 giugno a Palazza Adriano – sede, come in tanti sanno, delle scene più famose di Nuovo Cinema Paradiso. E quel film, che è un omaggio d’autore al cinema e alla Sicilia da parte del premio Oscar Giuseppe Tornatore, sintetizza forse più di tutti le connessioni tra il fascino della pellicola e gli spettacolari set naturali che l’isola continua ad offrire. E lo dimostra anche il ritorno di Palermo e del Palermitano come luogo di attrazione di tante troupe cinematografiche. «Non si può prescindere dai luoghi di provenienza – concorda Toscano. Io sono un cinefilo, nei miei romanzi metto sempre tante storie legate al cinema. Di certo c’è tutto un filone, tra serie e film, legato alla mafia. Alcune cose sono buone, altre meno. Ma per fortuna non c’è solo quello, e questo tour nel suo piccolo sta lì a dimostrarlo».

Andrea Turco

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