Il film di Fausto Brizzi comincia come una cosa frizzante: coppie che fanno scintille, piatti che volano in cucina, accuse reciproche, divorzi, separazioni, figli da affidare (simpatiche le scene con Vincenzo Salemme, Silvio Orlando, Fabio Insinna). Poi il racconto dello stato di salute delle relazioni di coppia nell’Italia contemporanea si fa mieloso, melodrammatico, molto patetico e molto di maniera. Ancora una volta il secondo tempo è il punto debole di un film di casa nostra: la vicenda di donne e uomini che si ritrovano, di coppie che implodono, di terzi incomodi sembra non finire mai. Una storia, pure se ricca di molti personaggi tra loro intrecciati e che doveva essere narrata in maniera agile, briosa e coinvolgente, indulge a una certa lentezza, viene tirata per le lunghe, con riprese in elicottero e Biagio Antonacci in sottofondo.
Giustamente ad Alberto Crespi (L’Unità) questo film ricorda “America oggi”, il ritratto lucido di un microcosmo intricato e moralmente riprovevole realizzato da Robert Altman e ambientato a Los Angeles. Ma Ex è anni luce lontano dal cinismo dello sguardo del maestro americano e pure la sua trama è molto più esile. In comune hanno questa coralità dell’azione e l’intersecarsi delle biografie dei personaggi. Stop.
In Ex non c’è cattiveria, non c’è spregiudicatezza e i conflitti tendono a stemperarsi, a comporsi, in nome delle catarsi e del lieto finale. Lo spettatore non è indotto a riflettere, semmai è intrattenuto, stuzzicato da suggestioni non così aderenti alla realtà. Segno che l’estetica della fiction, dove tutto è approssimativo e vacuo, combinato a un approccio creativo da pellicola adolescenziale dà vita a cose mediocri.
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