«Perché, in una città dove ci sono grossi problemi di debiti, problemi di illegalità diffusa, si va a toccare una delle poche realtà positive? Perché non si fa una convenzione per questi locali, in modo da legalizzare il tutto restituendo il centro a coloro che ci hanno lavorato bene?». Queste sono le domande che si pone Dino Giarrusso, docente di Tecniche della comunicazione cinematografica e televisiva della facoltà di Lingue e Letterature straniere di Catania. Sono domande che molti hanno ripetuto in questi giorni. Ma il contesto in cui incontriamo Giarrusso è decisamente insolito. Il professore infatti, come segno di solidarietà verso il Cpo Experia, ha deciso di far sostenere gli esami ai propri studenti davanti l’ingresso del Centro popolare, in via Plebiscito.
Tavoli e sedie sono stati forniti dai ragazzi dell’Experia. Sono gli stessi utilizzati per il doposcuola. Gli esaminandi hanno saputo solo alla fine di questa iniziativa. Che hanno accettato, chi con entusiasmo, chi con un pizzico di perplessità presto superata. «Sono orgoglioso che esistano docenti che adottino tali iniziative. Certo magari sarebbe stato meglio per una lezione, non per un esame. Ma se serve questo per cambiare, ben venga», sostiene Salvo Maccarrone, uno degli studenti in attesa dell’esame. «Ero un po’ spaesata, però alla fine è stato meglio, forse perché il professore riesce a metterti a tuo agio. Forse solamente gli insoliti rumori delle macchine, dei clacson, mi hanno leggermente distratta», afferma Ester Nicolosi, appena conclusa la sua fatica.
A parte il contesto, dunque, una normale giornata di esami. Fatta di voti, di domande e di risposte. Ma, al termine, c’è il tempo per scambiare ancora qualche parola con il professor Giarrusso. E per tornare a domande diverse da quelle degli esami. «Le risposte alle cose che mi chiedo – commenta Giarrusso – non ci sono, o almeno, io ne avrei alcune dentro di me. Pessime. Questa mi sembra una questione di principio, miope, cieca, portata avanti da alcuni politici di destra di questa città. Io ritengo che quanto accaduto non sia corretto, per questo voglio porre l’attenzione con questa mia decisione, assumendomene le responsabilità. Non è una questione politica o ideologica, ma pratica. Questo Centro fa qualcosa di positivo per il quartiere e noi lo smantelliamo…».
Dietro l’iniziativa del professore c’è un rapporto molto lungo con il quartiere dell’Antico Corso, con la sua quotidianità e i suoi problemi. «Adesso insegno nella facoltà di Lingue ai Benedettini, come da ragazzino andavano a scuola sempre in questo quartiere, allo Spedalieri. Un quartiere dove vige l’illegalità, dove noi stessi professori siamo vittime tutte le mattine dei posteggiatori abusivi, che gestiscono un racket che non so quanto fatturi. Dove a cento metri dall’Experia si arrostisce illegalmente la carne di cavallo a qualsiasi ora. Dove si spaccia. Dove c’era una realtà che, sfruttando dei locali abbandonati e sfitti, ha fatto attività culturale ma soprattutto di recupero per i bambini e i ragazzi del quartiere, come la palestra popolare, il doposcuola gratuito. Questo con l’obiettivo di togliere quei bambini dalla strada, che in questo quartiere, come in altri, non è una buona maestra. Una realtà che però adesso viene chiusa». Un’ultima battuta il docente la riserva alle motivazioni ufficiali dello sgombero, che tirano in ballo anche l’Università: «Non è affatto vero che l’Ersu abbia dei progetti per questi locali come è stato detto. È una bugia. E questo va detto».
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