Io lo so che sono lontano da tanti anni, ma mi interesso sempre di Catania. Così come mi interesso dell’Italia. Da cittadino è il mio compito, e alla mia città sono legato. Mi capita di venire ospite, di guardare quello che c’è. Ma non come un estraneo che non conosce il posto in cui si trova, con lo sguardo di chi – invece – quello che c’è lo conosce bene. Per esempio: il voto al referendum costituzionale ha dato, anche a Catania, un esito confortante: ho visto un risveglio, una voglia di partecipare. Dall’altro lato, però, il risultato politico è stato insoddisfacente e l’impulso si è spento.
Per il 2017 ai cittadini di Catania auguro il piacere di stare insieme, di essere civili e attenti culturalmente. Laddove l’impressione è che il pensiero politico manchi. Mi domando: cosa vuole offrire alla città il sindaco Enzo Bianco? Qual è la costruzione di futuro per cui sta lavorando? Qual è l’immagine di domani che vuole creare? Così faccio i miei migliori auguri al Teatro Stabile di Catania, a cui ho deciso di regalare una rappresentazione teatrale al costo simbolico di un euro. Faccio i miei auguri a tutte le realtà che si occupano di spettacolo. E che sono costrette a immaginarsi manager.
Lo stesso discorso vale per le scuole e le università, continuamente schiaffeggiate dai governi che spingono il livello sempre più giù. Ce l’ho con certe politiche esasperanti: chi ci rappresenta deve uscire dagli uffici e stare a contatto con i cittadini. La situazione è pesante, si respira un’aria piena di interrogativi. Ed è come se ci fosse uno scollamento dalla realtà. Anche a Catania è uguale. Io mica sono di Bolzano, mica certe cose non le conosco. Che cosa si vuole offrire ai catanesi?
La città di Catania è stata storicamente brillante, gioiosa, pronta al sorriso. Ora si è trasformata, forse perché i catanesi hanno la sensazione di parlare al vento. Di chiedere senza avere risposte. Spero che con l’anno nuovo si perda l’abitudine a cercare le raccomandazioni, a rivolgersi agli amici degli amici, a salire sul carro dei vincitori e a non studiare. Spero che i cittadini smettano di sentirsi vittime di un caporalato, che siano più curiosi e che s’informino di più. Anche se il cambiamento dovesse riguardare lo 0,00001 per cento dei catanesi allora si potrebbe comunque tentare di stare insieme, di fare insieme.
Invece è sempre un «Andate avanti voi che io vi raggiungo dopo». Può andare bene questo per loro stessi e per la loro dignità? Alla città auguro una gerla di tutto questo, una gerla di coraggio. Se dite sempre sì a tutto, se vi accontentate di quello che c’è sempre stato, come potete aspettarvi di essere felici, soddisfatti? Non è che perché sto lontano ho smesso di essere catanese. Lavoro, collaboro, resto. Conosco i problemi di Librino, nato come un affare e trasformato nell’emblema di Catania. Conosco quello che si dice per strada: «Sono tutti uguali, sono tutti ladri». No, non è vero. E questa coscienza deve essere curata e deve partire, insieme, dall’alto e dal basso.
Eccoli, sono questi i miei auguri per Catania.
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