Imprenditori spregiudicati che ottengono il massimo vantaggio dalla stretta sinergia criminale con i clan mafiosi. L’indagine Vento di scirocco, partita alla fine del 2016 e culminata con il blitz di oggi, riguarda 23 persone (tra queste, dieci in carcere e cinque ai domiciliari). A portarla a termine i militari del gruppo economico finanziario della guardia di finanza e dei carabinieri su delega della procura di Catania guidata dal procuratore capo Carmelo Zuccaro. Nel mirino sono finiti gli interessi del clan di Cosa nostra dei Mazzei nel mondo del contrabbando di carburante e nel settore delle scommesse online. Affari che valgono milioni di euro e che, ancora una volta, passano per i canali di approvvigionamento con basi a Malta e in Libia. Un mix tra mondo di sopra e mondo di sotto dove interloquiscono colletti bianchi, mafiosi e intermediari.
Al vertice dell’organizzazione criminale ci sarebbero stati Carmelo Munzone e Angelo Privitera, detto Scirocco. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato proprio quest’ultimo a tenere i contatti con dei soggetti della provincia di Trapani gravitanti nell’ambiente mafioso. In particolare con Francesco Burzotta, titolare di un grosso deposito di gasolio con sede a Mazara del Vallo e imparentato con alcuni esponenti della famiglia mafiosa di Castelvetrano che ha come riferimento il latitante Matteo Messina Denaro.
Il braccio imprenditoriale dei Carcagnusi sarebbe stato invece l’imprenditore Sergio Leonardi, titolare dei distributori di benzina LBS Trading. Il marchio nero-verde, negli ultimi anni si, è rapidamente espanso in varie punti della città di Catania. Adesso, i suoi punti vendita sono finiti sotto sequestro e con il proprietario sottoposto a misura cautelare in carcere. Quest’ultimo vanta anche parentele mafiose di un certo spessore. L’uomo, come specificato in conferenza stampa, è nipote del boss etneo Mario Maugeri detto Ammuttapotti ed è sposato con la figlia dello storico boss Pippo Sciuto detto Tigna. A casa dell’imprenditore gli inquirenti hanno trovato, e sequestrato, 50mila euro in contati, orologi Rolex e diamanti.
«A Catania continuiamo a monitorare la particolare attenzione della mafia sul commercio di prodotti petroliferi. Un settore con alti profitti», spiega il comandante provinciale della guardia di finanza Raffaele D’Angelo. Le frodi ricostruite sarebbe state di due tipi: evasioni dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) e delle accise. La prima tramite le frodi carosello, cioè la cessione di prodotti petroliferi mettendo tra acquirente finale e venditore una serie di società: «Servono ad allungare le cessioni e a lucrare il versamento dell’Iva». Il meccanismo avrebbe riguardato pure l’evasione dell’accisa, passaggio che si concretizzava al momento di importazione o esportazione della benzina. «Chi vendeva dichiarava la vendita a Stati esteri, una mossa fittizia che aggirava il versamento delle accise. Poi il carburante rimaneva nel territorio italiano», conclude D’Angelo.
L’indagine di oggi per certi versi si ricollega all’inchiesta Dirty Oil che, negli anni scorsi, ha messo in luce le modalità di approvvigionamento del gasolio dalla Libia. Tra i destinatari del gasolio il deposito fiscale della Pinto Zottolo, in provincia di Trapani e gestito proprio da Burzotta. Lo stesso si sarebbe occupato, per lunghe fasi dell’indagine, dei distributori di Leonardi. «In una trattativa compaiono dei soggetti maltesi che si interpongono negli accordi tra Libia e Italia», spiega il magistrato Alessandro Fragalà. Privitera e Angelo Munzone, per esempio, avrebbero avuto contatti con Gordon Debono (non indagato in questa vicenda, ndr). «Le trattative con quest’ultimo non si chiudono perché Debono poi è stato coinvolto nell’inchiesta Dirty Oil», conclude Fragalà. «Siamo riusciti a delineare anche l’assetto criminale interno del clan Mazzei. Dove non sono mancati momenti di fibrillazione», conclude durante la conferenza stampa il comandante del comando provinciale dei carabinieri di Catania Raffaele Covetti. Molti dei summit monitorati dagli inquirenti si svolgevano nella macelleria Ideal Carne, gestita dai fratelli Luciano e Pietro Lo Re. Entrambi finiti dietro le sbarre.
Elenco delle persone finite in carcere:
Agli arresti domiciliari:
Divieto temporaneo di esercitare imprese e gli uffici direttivi:
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