La polizia ha eseguito il fermo di 14 persone accusate di far parte di un’associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, all’esercizio di attività abusiva di prestazione di servizi di pagamento e altri delitti contro la persona, l’ordine pubblico, il patrimonio e la fede pubblica. Quattro indagati sono per il momento latitanti.
L’indagine, che in tutto comprende 18 indagati, è stata svolta dalla Squadra mobile di Palermo e dal Servizio centrale operativo e coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, e dai magistrati Marzia Sabella, Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Giorgia Righi. Sotto la lente d’ingrandimento cellule operanti in Africa, in diverse aree del territorio nazionale e in altri Paesi europei. L’associazione agiva su due fronti diversi: il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e l’esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria tramite il cosiddetto metodo hawala, utilizzato principalmente per il pagamento dei viaggi dei migranti o come prezzo della loro liberazione dai centri lager in Libia.
L’inchiesta costituisce la prosecuzione delle operazioni Glauco condotte tra il 2013 ed il 2017 che hanno consentito, nel tempo, di individuare e identificare decine di trafficanti di esseri umani operanti sulla rotta del Mediterraneo centrale, molti dei quali già condannati anche in via definitiva. Già nel corso delle indagini precedenti era emerso il ruolo di vertice di Ghermay Ermias – ancora latitante – e proprio dallo sviluppo delle inchieste finalizzate alla sua ricerca, anche attraverso attività di cooperazione internazionale, è stata ricostruita l’associazione a delinquere che operava tra Eritrea, Etiopia, Sudan, i paesi del Maghreb, soprattutto la Libia,, l’Italia (Lampedusa, Agrigento, Catania, Roma, Udine, Milano), vari paesi del nord Europa (Inghilterra, Danimarca, Olanda, Belgio e Germania).
Fin dal 2017, la banda ha supportato le attività di traffico sia nel corso del viaggio dei migranti sul continente africano che in occasione del loro concentramento nei campi di prigionia in Libia. Appena giungevano in Sicilia, a bordo delle navi impiegate per il soccorso in mare, gli indagati intervenivano, in un primo momento, consentendo ai profughi di allontanarsi dai centri di accoglienza in cui erano ospitati, nascondendoli in altri luoghi e fornendo loro in alcuni casi vitto, alloggio, titoli di viaggio e falsi documenti, e, in un secondo momento, curandone la partenza verso località del centro e nord Italia, da dove poter raggiungere il nord Europa e talvolta gli Stati Uniti.
Le ripetute attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina venivano pagate dai migranti stessi o dai loro familiari e amici, spesso residenti all’estero, che inviavano il denaro richiesto dai trafficanti con il sistema fiduciario hawala (che consente di trasferire denaro in maniera illecita utilizzando una rete di intermediari operanti in tutto il mondo).
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