Giusy Ventimiglia, le indagini puntano su suo padre? «Battono pista più facile, tralasciando tutte le altre?»

«Io non ho paura che mio padre sia indagato o meno… Sono deluso dal fatto che dopo 39 mesi non siano ancora arrivati ad una conclusione». Ci sono rabbia e delusione nelle parole di Salvo Ventimiglia. Specie al pensiero che la Procura di Termini Imerese possa stare indagando, al momento, suo padre per fare luce sulla scomparsa della sorella, Giusy Ventimiglia. Di lei si è persa ogni traccia la mattina del 13 novembre 2016. L’ultima a vederla, nella loro casa di Bagheria, è proprio papà FIlippo. Mentre più tardi, lo stesso giorno, a incrociarla per strada è una coppia di amici di famiglia, che la nota in via del Fonditore. Una strada dove pare che l’allora 35enne fosse stata vista spesso in compagnia di alcuni uomini. Alimentando l’ipotesi, ad oggi, che fosse finita in un brutto giro di prostituzione mandato avanti dall’uomo sposato che frequentava.

Un’ipotesi tirata in ballo, a distanza di tre anni dalla sua scomparsa, da un collaboratore di giustizia che viveva poco distante da casa di Giusy e che oggi teme possa esserle accaduto qualcosa di terribile. «Cercatela nella zona in cui è stata avvistata l’ultima volta, è piena di antichi tunnel dei beati Paoli, guardate lì», aveva raccontato a MeridioNews. Ma chi potrebbe averle fatto del male? Per il collaboratore il presunto colpevole potrebbe nascondersi proprio nel giro in cui la donna era finita, tra l’amante che la istigava e gli uomini che se ne approfittavano. La famiglia Ventimiglia, però, da un po’ di tempo ha la spiacevole sensazione che, tra le tante piste riprese in mano dalla procura – che da poco ha assegnato il fascicolo del caso a un altro pm -, ce ne sarebbe anche una in particolare che si concentrerebbe sul padre di Giusy, a cui ad oggi non è stato notificato nulla.  

«Due giorni fa è stato convocato anche il fratello maggiore di mio padre, che la mattina del 12 novembre era in compagnia di mio padre nel suo magazzino che si trova sotto casa – spiega Salvo -. Quella mattina io e i miei fratelli abbiamo visto in tre momenti diversi mia sorella Giusy, sempre a casa di mio padre. Mio zio è stato convocato perché un’altra mia sorella, quella mattina di sabato, ha lasciato suo figlio a mio padre, naturalmente ha visto Giusy e mio zio. Dopo un’ora è tornata a prendere il bambino e mio zio si ricorda perfettamente che mio padre non poteva uscire perché aspettava me che dovevo andare a ritirare i croccantini per i cani che arrivano a casa di mio padre, per comodità mia». Si scava, insomma, nella famiglia Ventimiglia. Ma più che per trovare un colpevole potrebbe, al contrario, essere per escluderlo del tutto. Seguendo la normale prassi investigativa di indagare tutte le persone vicine alla donna scomparsa.

«Hanno chiesto a tutti noi se mio padre era violento, se ci alzava le mani – dice ancora Salvo -. Mio padre purtroppo è un santo, si è sempre preso cura di tutti noi, senza farci mai mancare nulla. Ma poi, con l’esperienza diretta di mia moglie, io come potrei mai difendere una persona violenta?». Sua moglie, infatti, è Lidia Vivoli, miracolosamente sopravvissuta alla brutale aggressione del suo ex compagno, che la notte tra il 24 e il 25 giugno 2012 ha tentato di ucciderla. «I miei bambini amano il nonno e lui impazzisce per loro – continua Salvo -. Spero non si tratti, in questo caso, della cosiddetta tunnel vision di cui soffrono alcuni pm, quelli che si fissano su una pista facile e tralasciano tutte le altre». Anche nei primissimi mesi di indagini i famigliari di Giusy furono colti dalla stessa terribile sensazione che tutta l’attenzione fosse sul padre, che aveva denunciato la figlia un anno prima dopo che lei gli aveva rubato molti soldi. Un episodio che, forse, per i magistrati potrebbe rappresentare un movente?

«Mio padre l’ha denunciata proprio perché sapeva e sapevamo tutti che Giusy quei soldi non li aveva spesi per lei ma li aveva dati a qualcuno – spiega ancora il fratello -. I carabinieri sono venuti due volte nel 2017, la prima per perquisire la sua casa, la seconda sono stati nel suo terreno. Esito negativo, niente di quanto ispezionato è utile alle indagini. Dopodiché il nulla». Intanto, nemmeno un mese fa la Procura di Termini ha cambiato il codice del procedimento penale, trasformandolo da un’indagine contro ignoti per sequestro di persona a un’indagine per omicidio. Iscrivendo anche una persona sul registro degli indagati. Di cui, però, la famiglia Ventimiglia ad oggi non sa niente. Mentre continua a chiedere una sola cosa, sempre la stessa: «Battete ogni pista e chiarite le incongruenze mai approfondite a dovere».

Silvia Buffa

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