«Lo Stato italiano è in flagranza di reato». Mentre all’interno del Tribunale di Catania il presidente della Corte d’Appello legge la lunga relazione sullo stato della giustizia nella provincia etnea, in piazza Verga i Radicali italiani protestano contro «uno Stato fuori legge che prosegue nei trattamenti inumani all’interno delle carceri» e non riesce a mettere un argine «all’irragionevole durata dei processi». Amnistia e indulto – rispettivamente, rinuncia da parte dello Stato all’applicazione della pena con la prima e condono, in tutto o in parte, della pena inflitta senza cancellare il reato con il secondo – sono le soluzioni che da anni avanza il partito guidato dal segretario Rita Bernardini. Gli unici strumenti, secondo i Radicali, che potrebbero alleggerire il fardello di «nove milioni di procedimenti arretrati in tutto il Paese».
Anche il presidente della Corte d’Appello, Alfio Scuto, dedica parte della sua analisi all’incredibile numero di processi «spinto verso l’alto dall’elevato indice di litigiosità in campo civile, dalla diffusa illegalità in campo penale, dalla farraginosità di un rito fin qui normalmente articolato su tre gradi di giudizio e da una legislazione compromissoria e alluvionale». Cita quindi fonti del ministero di Giustizia per ricordare come «il totale delle cause sopravvenenti in Italia, rapportati alla popolazione, è di poco inferiore alla somma di quelli sopravvenenti, tutti insieme in Francia, Germania e Spagna». La Corte europea per i diritti dell’uomo ha più volte imposto severe condanne all’Italia. «Da ultimo – ricorda Scuto – la pronuncia dell’8 gennaio 2013 nel procedimento Torregiani, in cui sono stati riconosciuti al detenuto 23mila 500 euro a risarcimento per l’inosservanza del divieto di tortura. La sentenza pone il termine di un anno per adottare opportuni provvedimenti». Tortura che, nel caso Torregiani, viene praticata mettendo insieme tre detenuti in nove metri quadrati.
Ma anche nelle carceri catanesi la situazione non è migliore. «Ho visitato sia la struttura di piazza Lanza sia quella di Bicocca: i detenuti sono diminuiti e qualche miglioramento c’è stato, ma non basta», spiega Gianmarco Ciccarelli, dei Radicali. «Molti continuano a vivere in meno di tre metri quadrati, questa è tortura – continua – Anche se l’immobile è più nuovo, a Bicocca i problemi strutturali sono perfino peggiori rispetto a piazza Lanza: in alcune celle mancano le docce, mentre nella sala colloqui c’è il muretto divisorio. Due elementi vietati dal regolamento carcerario del 2000. Per non parlare dell’umidità e dei muri scrostati».
Aministia o indulto? «Nel caso si adottassero provvedimenti emergenziali – sottolinea il presidente della Corte d’Appello – sarebbe opportuno optare per soluzioni più radicali, quali l’amnistia rispetto all’indulto, in modo da eliminare non solo la pena ma anche i processi. Ma la soluzione – precisa – non può non passare da modifiche legislative in materia di sospensione dell’esecuzione della pena, con messe alla prova e pene detentive alternative alla carcerazione».
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