Giustizia e voto di scambio: il ‘caso’ Bonventre e il ‘caso’ Antinoro

Il ‘caso’ del Sindaco di Alcamo, Sebastiano Bonventre, merita qualche riflessione. Qualche giorno fa, un’inchiesta de Il fatto quotidiano ha svelato quello tutti immaginavano: e cioè che, nella sue elezione a primo cittadino di Alcamo, avvenuta un anno fa, c’era qualcosa – in realtà, più di qualcosa – fuori posto.

Per la cronaca, ricordiamo che Bonventre è stato eletto al ballottaggio per un pugno di voti, come ha ricordato ieri, in un comunicato, la parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, Valentina Palmeri, che ha chiesto le dimissioni del Sindaco Bonventre e ha espresso solidarietà a Niclo Solina, l’avversario di Bonventre uscito perdente dal ballottaggio di un anno fa.

L’inchiesta de Il fatto quotidiano ha rivelato, con tanto di intercettazioni, l’ipotesi – che dovrà essere accertata in sede processuale – di voto di scambio.

Quest’ipotesi di voto di cambio avviene in una provincia – Trapani – nella quale la mafia è tutt’altro che assente. E questo dovrebbe fare riflettere. E dovrebbe fare riflettere il fatto che ad appoggiare la candidatura di Bonventre era il leader del Pd trapanese, Nino Papania, ex parlamentare nazionale che i vertici romani del Partito democratico hanno fatto diventare tale non ricandidandolo alle ultime elezioni politiche.

Subito dopo la pubblicazione dell’inchiesta de Il fatto quotidiano, il Sindaco Bonventre ha annunciato le dimissioni. Poi ci ha ripensato ed è rimasto a fare il Sindaco. A quanto pare, perché ad essere indagato è l’ex parlamentare Nino Papania e non lui.

Ora, a parte il fatto che Papania i voti li cercava per lui, andrebbe fatta una considerazione a monte. Partendo dalla pesantissima condanna comminata appena una settimana fa all’europarlamentare, Antonello Antinoro, accusato di voto di scambio con l’aggravante di mafia.

La vicenda di Antinoro fa riferimento alle elezioni regionali del 2008, quando risultò il promo degli eletti nel collegio di Palermo con quasi 30 mila voti. Su Antinoro ci sono alcune dichiarazioni che definiscono un quadro indiziario un po’ sofferto. Tant’è vero che, in primo grado, è stato condannato a due anni e due mesi, ma senza l’aggravante di mafia. In secondo grado, invece, i giudici hanno appesantito la condanna a sei anni di reclusione, appioppandogli l’aggravante di mafia.

Non sta a noi commentare né i fatti, né la sentenza di condanna di Antinoro. Così come non commentiamo l’inchiesta a carico di Nino Papania.

Ci permettiamo soltanto di effettuare un raffronto tra i due casi. Notando una sproporzione tra gli effetti prodotti.

Notiamo una condanna pesante per Antinoro sulla base, soprattutto, delle dichiarazioni di alcuni pentiti. In ballo, se non ricordiamo male, ci sarebbe un controverso pagamento di 3 mila euro: compravendita di voti per l’accusa, pagamento di spese di ‘attacchinaggio’ per Antinoro. I giudici hanno dato credito all’accusa.

Il Sindaco di Alcamo e il suo contesto politico, invece, sono chiamati in causa da intercettazioni. Piuttosto pesanti, stando a quello che abbiamo letto. Ma Bonventre e il contesto politico del quale fa parte non sembrano avvertire l’esigenza di non sovrapporre il ruolo istituzionale di Sindaco con un’inchiesta dai risvolti imprevedibili.

p.s.

notiamo anche che, nella Sinistra siciliana, i tempi di Girolamo Li Causi e Pio La Torre sono ormai lontani, molto lontani…

 

Redazione

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