Giro d’Italia sull’Etna fino a quota 2.850 metri Caruso: «Sarebbe una tappa unica al mondo»

Ha corso l’ultimo Tour de France da protagonista, riuscendo a tagliare per primo lo storico traguardo in cima all’Izoard, la montagna prediletta da Fausto Coppi. D’altronde a Damiano Caruso, ciclista professionista, siciliano di Ragusa, i dislivelli impegnativi sono sempre piaciuti. E a stimolarlo è anche la possibilità, chissà magari al prossimo Giro d’Italia, di potere arrivare con la sua bici sul tetto del vulcano attivo più alto d’Europa: l’EtnaUno scenario unico al mondo che da diversi mesi è finito al centro di un progetto per organizzare una cronoscalata individuale fino a 2850 metri. L’idea, raccontata da MeridioNews, è dell’ingegnere Fabio La Ferla e il Parco dell’Etna l’ha sposata – informalmente – insieme al vulcanologo Marco Neri

«Sarebbe una tappa di cui si parlerebbe ovunque, anche perché credo che al mondo non esista una cosa simile», spiega Caruso a MeridioNews. Il tratto chiave della corsa, che per gli ideatori può raggiungere una distanza massima di 27 chilometri, sarebbero gli ultimi 8,7 chilometri. Da piano Provenzana fino a raggiunge il pianoro denominato Piano delle Concazze. Una strada interamente sterrata con pendenze che arrivano al 22 per cento. «Di sicuro – prosegue Caruso – c’è bisogno di una sistemazione, altrimenti l’arrampicata è impossibile. Qualcuno sicuramente dirà che fare una cosa del genere è un azzardo ma bisogna considerare che i corridori arriverebbero in uno scenario diverso che non si è abituati a vedere».

Una volta ottenuto il via libera la strada, come già preventivato nel progetto, verrebbe sistemata con un trattamento specifico di sola compattazione dell’attuale fondo naturale, senza alterare l’ambiente ma che consentirebbe la percorribilità alle bici. Con l’obiettivo, conclusa la tappa, di lasciare fruibile il tracciato agli amatori. Lo stesso che, secondo i promotori dell’idea agli organizzatori del Giro, potrebbe essere accorciato nella parte in asfalto. Una delle ipotesi è infatti la partenza nei pressi del rifugio Citelli. «Bisogna valutare ogni aspetto e studiare tutto nei minimi dettagli – dice Caruso – anche perché un arrivo a 2800 metri mette in crisi tanti partecipanti, dando terreno fertile agli scalatori, in particolari a quelli colombiani». La cronoscalta sarebbe una tappa da cerchiare in rosso, anche perché nel Giro 2020 arriverebbe nella parte iniziale della corsa, dopo i primi appuntamenti in Ungheria

Caruso in realtà ha già affrontato le dure pendenze del vulcano, ma dal versante sud. «Insieme a dei ragazzi di Nicolosi siamo saliti fino a Torre del Filosofo – racconta, ripercorrendo quanto fatto a giugno – In uno scenario unico che consiglio a tutti i miei colleghi». In realtà da diverso tempo tante squadre professionistiche del pedale scelgono la Sicilia e l’Etna per i loro allenamenti. Attraverso delle salite che hanno formato campioni del calibro di Egan Bernal, vincitore dell’ultimo Tour de France. «Ci sono le strade giuste e versanti dell’Etna più o meno duri – continua Caruso -. Se si rimane nelle strade meno trafficate si può pedalare anche in sicurezza». Tra gli esempi già presenti il Parco ciclistico dell’Etna ideato e realizzato da Paolo Alberati.

Contrariamente a tanti ciclisti Caruso ha scelto di continuare a vivere nella sua Ragusa, preferendola a città come Lugano o Montecarlo. Perché lo ha fatto? «Per me è anche un motivo di orgoglio – commenta – perché riesco a vivere nel posto che mi piace di più. Problemi? Io da Ragusa devo percorrere 100 chilometri per arrivare all’aeroporto. Con strade che hanno problematiche grosse, asfalto poco curato e la quasi totale assenza di piste ciclabili. Se metto tutto su una bilancia però trovo più aspetti positivi». Per Caruso, portacolori del team Bahrain Merida, il prossimo impegno agonistico sarà in Germania per il Deutschland tour. Una gara per cercare la giusta condizione atletica dopo le fatiche di Giro e Tour. La speranza per tanti appassionati è di vederlo presto sull’Etna.

Dario De Luca

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