Abuso d’ufficio, truffa e reati ambientali. Sono queste le accuse che la Procura della Repubblica di Sciacca rivolge al legale rappresentante di Girgenti Acque Spa Marco Campione e al membro del cda Giuseppe Giuffrida. Le indagini riguardano la gestione del depuratore comunale di Ribera, che negli ultimi mesi aveva registrato numerosi disservizi.
Secondo i magistrati, la società sarebbe stata a conoscenza della rottura, in più punti, del sistema di collettamento fognario senza però compiere i lavori di riparazione necessari a garantire il corretto trasferimento dei reflui nell’impianto. Ciò avrebbe causato lo sversamento delle acque nere sul suolo e in acque superficiali.
Come se non bastasse, dalle indagini emergerebbe che i vertici della Girgenti Acque Spa avrebbero anche preteso il pagamento dell’intero canone di depurazione da parte dei contribuenti, pur consapevoli di come l’impianto di contrada Torre non funzionasse a dovere. Larga parte dei reflui, infatti, non sarebbero mai giunti al depuratore. A lavorare alle indagini sono stati il personale del Corpo Forestale del distaccamento di RIbera e i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Palermo.
La Girgenti Acque Spa, già in estate, era stata oggetto di un’interrogazione parlamentare in Senato da parte di Mario Giarrusso, che aveva posto l’attenzione sui disservizi che avrebbero interessato l’attività della società che opera nell’Agrigentino: «Acqua che arriva due, tre volte alla settimana, anomalie nella procedura di depurazione, smaltimento in violazione della legge contro l’inquinamento dei mari, pretese di pagamento dei canoni anche dai cittadini residenti in zone prive di rete fognaria, distacchi dalla rete idrica senza il necessario preavviso» aveva dichiarato l’esponente del Movimento 5 stelle a Palazzo Madama.
Ma l’attenzione maggiore dei pentastellati era andata sulle ombre che circondano il profilo di Campione, già indagato dalla Direzione distrettuale antimafia «per associazione a delinquere di stampo mafioso, a seguito delle dichiarazioni rese da due pentiti, Di Gato e Cacciatore, e sulla base di quanto esposto dal colonnello dei carabinieri Lucio Arcidiacono durante le udienze del processo a carico dell’ex presidente della Regione Lombardo». Inoltre, a far discutere in quella occasione era stata l’assenza della certificazione antimafia e i criteri ambigui con cui la società aveva gestito le assunzioni. Problemi a cui, oggi, va aggiunta l’accusa di aver inquinato il suolo di Ribera.
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