Giovani migranti in scena su bus carico di giochi L’integrazione passa attraverso il teatro itinerante

Quale bambino non sognerebbe di ricevere un autobus vintage carico di giochi?
Sogno diventato realtà per gli adolescenti dello Sprar di Mazzarino, grazie alla
donazione pervenuta dalla Germania alla associazione I Girasoli, che lo gestisce. E
che ha realizzato uno spettacolo da portare
nelle scuole dell’Agrigentino, in collaborazione con le associazioni culturali catanesi
Clatù e Gammazita. Obiettivo: rafforzare il percorso di integrazione dei minorenni. «È stato come conoscerli una seconda volta, con una nuova luce», racconta
emozionata a Meridionews l’educatrice Mara Marotta.

Giocare per integrarsi. Questo l’esperimento in atto a Mazzarino per favorire
l’interazione tra i 15 migranti minorenni accolti dallo Sprar ed altri bambini.
«Quando lo abbiamo portato in giro la prima volta – prosegue l’operatrice – almeno un
centinaio di bambini della zona sono stati attratti dal ludobus e non volevano che
andassimo più via». Ricevuto in dono da alcuni ragazzi tedeschi conosciuti in un
campo a Lampedusa, il ludobus si rivela un atto di generosità peculiare, capace di
distrarre i ragazzi dalle storie di violenza e di lutto da cui provengono. 

«La maggior
parte di loro sono sbarcati con un gommone o comunque sono scappati dalla guerra.
Arrivati da circa un annetto, giungono da paesi diversi: Nigeria, Bangladesh, Mali,
Costa d’Avorio
. Adesso studiano, lavorano e cercano di ottenere i documenti per
rimanere in Italia attraverso la richiesta di asilo. Abbiamo riflettuto un po’ prima di capire come riuscire a valorizzarlo – continua – poi è arrivata l’idea dello spettacolo», realizzato con gli operatori
circensi di Clatù e Gammazita, i quali li aiuteranno a perfezionarsi ancora, prima di intraprendere un vero e proprio tour. Tanto che i giovanissimi avrebbero già scelto il
nome della loro compagnia: Star Life. 

«L’autobus era pieno di giochi semplici –  sottolinea Maria Elena Rubbino,
presidente di Clatù – come bottoni, palline, bastoni, corde e cerchi in legno. Non
disponendo di una attrezzatura circense vera e propria, abbiamo lavorato soprattutto
sull’aspetto coreografico attraverso un progetto pilota di sei giorni, a Mazzarino.
Durante i primi tre giorni, siamo riusciti a coinvolgere tutti i ragazzi, riadattando al
circo il salto alla corda o giocando ad imitare i movimenti degli altri. Il messaggio era
imparare a stare insieme nello spazio attraverso il gioco ed un oggetto». 

Nonostante l’entusiasmo, però, il numero dei partecipanti ha dovuto ridursi, perché non tutti erano già in possesso dei documenti necessari per spostarsi da
Mazzarino a Lampedusa. «Pur venendo
dal metodo circense – prosegue l’istruttrice – abbiamo
usato altre tecniche partendo dal gioco teatrale. Ad esempio: chi stava dentro un
cerchio ballava, mentre gli altri lo copiavano; oppure si cercava di tenere al centro
della mano dei bastoni contemporaneamente, tentando di mantenere l’equilibrio
interno tutti insieme».
Performances semplici «ma in grado di creare un forte effetto scenografico. Certo,
si tratta di un processo embrionale, ma questi ragazzi hanno tantissima personalità e
riescono a valorizzare i giochi e a coinvolgere gli altri bambini.
Tanto che a
Lampedusa, finito lo spettacolo, i piccoli spettatori hanno interagito con loro e hanno
voluto imitarli a tutti i costi».

Antonia Maria Arrabito

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