Giovani band catanesi in sciopero «I locali ci sfruttano e la musica muore»

«Ci eravamo accordati per una serata a 150 euro. Alla fine ci hanno mandati a casa con cinquanta euro totali, cioè dieci a testa, e cinque bicchieri di prosecco». Capita sempre più spesso ai giovani musicisti catanesi. Più o meno emergenti, tentano di fare strada esibendosi nei tanti locali etnei. Un modo per farsi pubblicità e seguire la propria passione, ma anche per arrotondare. Da un paio d’anni però, non si sentono più rispettati dai gestori dei locali. «All’inizio ti chiedono sempre a quanto ammonta il tuo cachet – dice Salvo Chirico, 20 anni, chitarrista da sei anni – Ma poi non lo rispettano mai. Perché tu hai portato poca gente, dicono, oppure perché questa gente non ha consumato». Musicisti, organizzatori di eventi e anche un po’ pr. Una situazione diventata così insostenibile che alcuni gruppi hanno deciso di organizzarsi, creando l’associazione dei musicisti catanesi. Un’organizzazione che ha la sua base su Facebook e quasi 300 membri, ma che spera di coinvolgere sempre più colleghi. Anche per dare vita ad alcune iniziative di protesta: su tutte, uno sciopero della musica live a Catania, dal 20 maggio al 3 giugno.

«Io non mi occupo di pubbliche relazioni, faccio il musicista – dice Carmelo Cosentino, 20 anni, che suona la chitarra da quando ne aveva dieci – Posso capire che i gestori dei locali, vista la crisi, abbiano bisogno di un certo seguito, ma non posso occuparmi di tutto io. Non solo suonare, ma anche cercare la gente e quasi obbligarla a consumare. Per poi non venire pagato ugualmente». Ognuno dei ragazzi fondatori del gruppo Facebook ha almeno un’esperienza simile da raccontare. E anche più di una, considerato che ciascuno di loro manda avanti più progetti musicali contemporaneamente. Cover band, soprattutto. Le preferite dai locali etnei. Come Salvo che, insieme a Gianluca Cavallaro20 anni, anche lui chitarrista – suona in un gruppo rock anni 70-80 e, insieme a Matteo D’Alessandro, chitarrista diciassettenne, si esibisce con i Lost Memories. Molti sognano di portare sul palco la propria musica: come lo stesso Gianluca che, con il suo gruppo Strange Lullaby, sta lavorando a un repertorio di brani inediti. E chi, infine, come Carmelo, suona anche da turnista nella formazione di diversi cantanti più noti. Unica situazione, quest’ultima, che permette di «divertirsi, ma anche di avere un piccolo riscontro economico».

Tutt’altra cosa rispetto alle serate nei locali. Ed ecco l’idea dello sciopero per ribadire che si tratta di una questione legale ma anche di civiltà e di rispetto per chi offre un servizio. Scelto liberamente dal locale. «Se tu prendi un accordo con un gruppo, devi rispettarlo a prescindere. Non importa se poi viene tanta gente o meno. Il barman lo paghi solo se vende tanti cocktail?», chiede ironico Salvo. Una situazione che tutti definiscono «frustrante». E anche un rischio perché, quando il cachet diventa all’improvviso troppo basso, si richia di non rientrare con le spese, come il costo degli spostamenti (con la benzina sempre più cara) o la manutenzione degli strumenti. Senza contare lo scoraggiamento. «Più volte mi è venuta voglia di buttare tutto per aria», racconta Carmelo. Una novità degli ultimi cinque anni, secondo i ragazzi. In cui all’apertura di nuovi pub non è corrisposto un maggiore interesse per le esibizioni live. Anzi. «La verità è che, a chi apre i locali, non interessa nulla della musica – spiega Salvo – Negli anni ’90 i gruppi venivano trattati degnamente». Dagli Uzeda ai Flor de Mal: meno gruppi, ma dalla qualità più alta. «Adesso ci sono almeno 60, 70 gruppi a Catania, più o meno emergenti – commenta Matteo – Tra di loro ci sono anche quelli che suonano gratis, alimentando così il fenomeno».

Tra gli scontenti si cerca di organizzarsi. Con l’associazione dei musicisti catanesi, come primo passo. Con una proposta concreta e una provocazione, come secondo. «Vogliamo proporre ai locali di non pagare il cachet al gruppo, ma al singolo musicista», spiega Carmelo. Un modo per assicurare a ogni membro di non tornare con soli dieci euro in tasca e l’opportunità per i gestori dei locali di poter già preventivare un certo tipo di spesa, secondo il gruppo che intendono chiamare a esibirsi. Prima ancora, però, l’associazione vuole imporre la sua voce, rimanendo in silenzio e cioè scioperando. «Se molti non parteciperanno e i locali troveranno lo stesso chi fare suonare, questi gruppi avranno fatto solo il loro male – alza le spalle Salvo – Noi, intanto, cercheremo di essere sempre di più». «Perché in questa situazione non c’entra la crisi – conclude Carmelo – Così si sta utilizzando la musica. E per questo la musica a Catania sta morendo».

[Foto di V_]

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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